giovedì 7 maggio 2009

400 di 2013; Da Rubens a Bernini

Stefano Armellin con il pezzo 400 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo : Da Rubens a Bernini : "Rubens divenne in poco tempo il più stimato artista europeo, arrivando a occupare una posizione analoga a quella di Tiziano nel secolo precedente. Nessun artista studiò mai le opere dei maestri italiani più diligentemente e attentamente di Rubens che le copiò in centinaia di disegni e di schizzi a colori. Faceva questo per imparare i vari modi d'espressione pittorica...il ritmo produttivo della sua bottega era tale che la si è persino paragonata a una fabbrica. Ma è sbagliato, trattandosi della bottega di un genio che per di più, la teneva rigidamente sotto controllo...

Tuttavia nonostante la fama di Rubens e Van Dyck le opere d'arte più ambite dai collezionisti erano ancora quelle italiane...Artemisia figlia di Carlo I, fu la prima pittrice importante della storia (1593-1652).
 Bernini (1598-1660) come Michelangelo un secolo prima egli si considerava anzitutto uno scultore, pur essendo anche un architetto non meno dotato nonchè un pittore e un poeta. E come lui doveva moltissimo al patrocinio di papi sensibili ai valori dell'arte. 

Fu il primo artista talmente sicuro di sè da misurarsi senza batter ciglio con l'opera di Michelangelo. Ma i loro caratteri erano antitetici. Bernini era estroverso, socievole, spiritoso nella conversazione aristocratico nei modi e nella maniera di vivere, buon padre di famiglia conformista nella sua religiosità, non meno profonda, poco interessato alle speculazioni filosofiche e per nulla tormentato da dubbi. 

Era un lavoratore che sbalordiva per la sua rapidità, con un impulso demoniaco a completare tutto ciò che iniziava, e un organizzatore sistematico ed efficientissimo di grandi squadre di assistenti. 

Dominò per quasi mezzo secolo il mondo artistico romano e nessuno più di lui ha contribuito a dare alla città l'aspetto attuale...scopo del Bernini a San Pietro era di affermare l'unità della Chiesa cattolica utilizzando tutti i mezzi artistici disponibili...". Hugh Honour


L’Eucaristia di Padre Felice Artuso

L’istituzione eucaristica

I rabbini insegnavano che il Messia sarebbe stato simile a Mosè, perché avrebbe procurato il cibo al suo popolo. Gesù prova una profonda compassione per la gente disagiata. La accoglie e risponde ai suoi bisogni di vita. Si rivela il Messia, predetto dai profeti. 

Un giorno, mentre si trova in luogo solitario, si rende particolarmente disponibile verso la gente affamata. Si fa consegnare dei pani dai discepoli. Benedice quindi Dio, buono, giusto e provvidente. Spezza poi i pani, li restituisce ai discepoli e ordina a loro di distribuirli alla folla, perché essa possa mangiare e saziarsi (Mt 14,12-21). 

Nei suoi gesti prepara i beneficiari all’incomparabile dono dell’Eucarestia. Infatti, il giorno seguente la distribuzione del pane annuncia che ai credenti in Lui donerà la sua carne e il suo sangue come nutrimento vitale (Gv 6,11-14, 51).
 
Avvicinandosi il tempo solenne in cui gli ebrei commemorano il passaggio dei loro padri dalla schiavitù egiziana alla libertà della Terra promessa, Gesù sa che è arrivata l’ora di adempiere la promessa fatta alla gente e dimostrare ai suoi discepoli che li ama sul serio (Gv 13,1).

 Manda pertanto Pietro e Giovanni a Gerusalemme (Lc 22,8) e li incarica di prepararvi la cena pasquale. Verso il tramonto del sole Egli li raggiunge con i suoi accompagnatori. Sale con loro al piano superiore della sala conviviale, che sarà poi trasformata in un luogo di culto ebraico, cristiano e musulmano. 

Attenendosi alla comune usanza, si distende sul pavimento, si appoggia ad un gomito e confida ai discepoli di aver atteso con serietà il momento del congedo finale, della consegna e della morte: «Ho desiderato ardentemente mangiare la Pasqua con voi prima della mia Passione» (Lc 22,15). 

Durante lo svolgimento della cena ricorda gli interventi liberatori di Dio e lo ringrazia. Compie quindi dei gesti in cui simboleggia la sua consegna alla morte espiatrice e conferisce al banchetto pasquale un nuovo significato. Prende il pane azzimo, compendio del lavoro umano e segno di afflizione, lo rompe in vari pezzi, lo distribuisce ai suoi discepoli e ne spiega il senso, dicendo: 

«Questo è il mio Corpo (carne), dato (sacrificato) per voi» (Lc 22,19; 1 Cor 11,24). 

Mediante la potenza dello Spirito Santo egli trasforma il pane azzimo nel memoriale della sua dolorosa morte e della sua gloriosa risurrezione. 

Secondo il racconto del libro della Genesi Adamo ed Eva, avendo preso e mangiato il frutto proibito, decisero di ribellarsi e separarsi da Dio. 

Gesù compie un atto contrapposto alla scelta dei progenitori. Si consegna tutto Sé stesso ai discepoli, per immetterli nel suo passaggio alla vita di Dio, mentre essi, travolti da una forte crisi di fede, stanno per abbandonarlo.
 
Segue

Padre Felice Artuso