venerdì 26 dicembre 2008

268 di 2013 : La Grande Opera d'Arte

Stefano Armellin con il pezzo 268 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013



Titolo : La Grande Opera d'Arte "Bisogna considerare l'opera d'arte nel suo contesto e metterla a confronto con tutto il repertorio figurativo della stessa ecpoca, anche a distanza di due, tre generazioni. Solo così possiamo capire il terreno nel quale è nata la Grande Opera d'Arte". Federico Zeri


La scoperta della tomba vuota e l’annuncio della risurrezione d 2 di Padre Felice Artuso
Simon Pietro giunge al sepolcro un attimo dopo l’arrivo di Giovanni. 

La Legge ebraica vieta di entrare nelle tombe, perché si pensava che il contatto con i morti contamina i viventi e li rende impuri per una settimana (Nm 19,11). 

Pietro ignora la prescrizione legale e accede nel vano della tomba con il presentimento che vi è accaduto qualcosa di inesplicabile. 

Immessosi nel luogo, comprende che nessuno è vi entrato ed ha sottratto il corpo del defunto. 

Osserva che i teli (la Sindone), sono afflosciati per l’effetto della gravità. Scopre che hanno conservato le impronte delle torture di Gesù. Esamina il sudario e vede che conserva intatta la sagoma ovale del capo di Gesù. 

Nota che egli è uscito dagli involucri funerari, senza spostarli, e li ha abbandonati, non avendone più bisogno. 

La constatazione lo meraviglia, ma non azzarda un’istantanea e logica deduzione. 

Preferisce attendere, perché tutte le sue spiegazioni potrebbero risultare erronee. Intanto conserva nella memoria i segni di quanto ha visto e aspetta di riceverne degli altri, per emettere un lucido atto di fede.
Nello stesso giorno della risurrezione il Signore appare a Pietro, ma l’apostolo non scioglie ancora le sue perplessità. 

Sospettando un inganno o una personale illusione, teme di sbagliarsi, se incominciasse a parlare pubblicamente di un’inspiegabile risurrezione di Gesù (Lc 24,34; 1 Cor 15,5). 

Gli apostoli comprendono il protratto riserbo del loro capo, designato da Gesù. 

Pertanto non gli rimproverano mai di aver indugiato troppo. 

Riconoscono bensì che egli ha dovuto impiegare del tempo, per esaminare gli annunci della Sacra Scrittura e di Gesù, capirne il senso profetico e prepararsi a spiegarli, senza esporsi alle risa degli imbroglioni.
Dopo Pietro anche Giovanni accede nel vano del sepolcro. 

Fissa intensamente i teli, distesi come erano stati posti. 

Guarda il sudario ancora annodato. Coglie un indizio che nessuno ha tolto il corpo di Gesù e che egli, smaterializzatosi, ha lasciato gli involucri funebri. 

Mentre Lazzaro era uscito dalla tomba, avvolto dalle bende e aveva avuto bisognoso di altri indumenti, Gesù ha invece abbandonato i lini, perché nella nuova esistenza non necessita più di vestirsi. 

L’apostolo si rende quindi conto che il Risorto è entrato corporalmente nella vita di Dio. 

Inizia a credere che ha sicuramente vinto la morte, ha attuato le sue predizioni pasquali ed ora è in grado di donare la grazia divina a chi si affida alla sua potenza salvifica. 

Le apparizioni del Signore e l’effusione dello Spirito lo rafforzano nell’intima convinzione pasquale (At 1,3). Lo spingono anche a darne autorevole e convincente testimonianza (1 Gv 1,1-3).

La Sindone di Torino conferma gli scritti evangelici e ci aiuta ad ampliare le nostre conoscenze sul mistero pasquale. 

Il Sudario, custodito nel duomo di Orvieto, ha tracce di sangue con le medesime caratteristiche di quelle della sindone. A questo proposito M. Hesemann scrive: «I chiari parallelismi con il telo sepolcrale torinese sono il migliore indizio dell'autenticità del sudarium».

(segue) Padre Felice Artuso