domenica 19 dicembre 2021

1. CAPORETTO DI STEFANO ARMELLIN

Esposta in permanenza 
CAPORETTO
24 OTTOBRE - 12 NOVEMBRE 1917

CAPORETTO DI STEFANO ARMELLIN
 opera dedicata al Milite Ignoto  
Cronologia di un Capolavoro italiano clicca qui





Opera in versione definitiva 



Milite Ignoto versione definitiva, parte iniziale, l'opera é lunga m. 3,50 cm

Ogni Croce vale 1000 soldati fra morti, feriti, dispersi e prigionieri, in 2 settimane di battaglia : 350 croci per 350 mila soldati



COMUNICATO STAMPA UFFICIALE
Dall'Italia in occasione del Centenario della Grande Guerra l'artista veneto di Conegliano residente a Pompei dal 2007 : Stefano Armellin, 57 anni e 34 di composizione su The Opera Collection, espone CAPORETTO on line sul suo Blog (per ora) dal 14 maggio 2016, questo Capolavoro dell'Arte Contemporanea Internazionale  é dedicato al Milite Ignoto e non é disgiunto da STALINGRAD clicca qui  . 

LA GUERRA DELLA MEMORIA 
O LA MEMORIA DELLA GUERRA :

L'Italia si trova a celebrare il Centenario della Grande Guerra e, come artista Veneto di Conegliano, nato lì 57 anni do  un contributo inedito ed epocale, nel senso che produrre CAPORETTO é stata una vera battaglia.

Avevo terminato il Poema visivo del XXI secolo a fine 2013, il 2014 l'ho dedicato ad un aggiornamento dello stesso Poema e a fine 2015 avevo capito che non potevo continuare ad aggiornare un'opera che mi aveva già impegnato vent'anni 1993/2013.

Così smisi di acquistare materiale convinto che se dovevo produrre qualcosa i fogli mi sarebbero apparsi,
era già successo per Face World collection 2006, infatti,
camminando sul marciapiede trovai una scatola di libri delle medie e un album F4 usato da uno studente e cestinato ; ecco il mio clochard, dissi, al quale dare vita.

Presi l'album trovando i fogli perfetti e pensai a Giovanni Papini chesosteneva che proprio alla fine di una Grande Opera si doveva iniziare davvero qualcosa di nuovo, mettendo finalmente in pratica quel che si era imparato prima.

Prima mi ero dedicato a variazioni sulla Croce e sul volto umano, ora volevo fare focus su un singolo catastrofico evento, la peggiore disfatta militare italiana, appunto CAPORETTO e, in una striscia di 360 cm complessivi raccontare l'indicibile per sintetizzare l'incomprensibile rotta di CAPORETTO.

E' noto che in due settimane di autunno del 1917, 24 ottobre 12 novembre, furono 350 mila i caduti morti, dispersi, feriti e prigionieri dimenticati, italiani ;

perciò ho fatto 350 croci diverse per richiamare alla memoria mille caduti, morti, dispersi, feriti e prigionieri dimenticati, per ogni singola Croce.

L'avventura di questo Capolavoro che scardina completamente
tutte le configurazioni artistiche contemporanee esistenti oggi, é
iniziata il 14 maggio 2016 quando l'ho fotografato per la prima volta a Conegliano nella casa dove é morto mio padre, ed é quindi on line per il pubblico del mondo.

Servono ora ingrandimenti fotografici, luoghi e strutture idonee per generare un evento della memoria capace di ri-evocare il passato con i contenuti del presente, perciò ho continuato CAPORETTO con la battaglia di STALINGRAD entrambe infatti fanno parte di uno stesso processo : folle.

Una follia che non possiamo rinunciare a comprendere e capire, se vogliamo guarire definitivamente da essa per avere oggi e in futuro, prospettive sane e autenticamente umane.


1. Caporetto con Stalingrad é un'esperienza estetica nuova

2. Caporetto restera’ l'immagine chiave a memoria della
Grande Guerra, dedicato al Milite ignoto

4. Caporetto apre al Poema visivo del XXI secolo : il Volto del
Mondo e la Croce 1993/2013 verso il Grande Giubileo del 2025




IL MILITE IGNOTO AL POPOLO ITALIANO

Mi presento, sono il Milite Ignoto, vengo da Orsomarso, Calabria, oggi Parco Nazionale del Pollino,  mi trovo a vent’anni sul fronte dell’Isonzo, a Caporetto, alle due di mattino del 24 ottobre 2017, sono analfabeta e scrivo a voi grazie ad un amico artista, ho vent’anni e sto per morire.


Per un Milite Ignoto il nome non ha più importanza, non ho mai capito perché mi trovassi lì insieme ad altri 350 mila caduti, dispersi, feriti (mentalmente e fisicamente) e prigionieri dimenticati, di una battaglia difensiva persa definitivamente. La nostra, e ci turba ancora, non fu la sconfitta dei martiri cristiani, ma solo l’avvio di combattimenti ancora più vasti e di genocidi impensabili come quello armeno, fino a giungere dal 1945 in poi al rischio atomico permanente.

Ci chiedete oggi perché abbiamo perso ? Sappiamo che la vittoria sul Piave è stata così effimera che nessuno la ricorda, ma caporetto è immortale ed ora fa parte di voi che ci dimenticate ad ogni anniversario, come i cristiani si dimenticano di Cristo,  e ignorate tutte le caporetto che dopo la nostra sconfitta avete costruito o subito, come il recente incendio del Parco Nazionale del Vesuvio.

Perché abbiamo perso ? Non so darvi spiegazioni precise, ma il mio amico che vi scrive mi ha letto un testo del 1898 scritto da un certo André Gide in memoria di un certo Oscar Wilde, nomi per me oscuri ma lo scritto rispecchia il mio pensiero e quello degli altri 350 mila caduti, dispersi, feriti (mentalmente e fisicamente) e prigionieri dimenticati; Gide scrive :

“La società sa come agire quando vuole sopprimere un uomo, e conosce mezzi più sottili della morte…(oggi avete la disoccupazione). Da due anni Wilde aveva sofferto troppo e in modo troppo passivo. Era stata spezzata la sua volontà. Nei primi mesi riuscì ancora a illudersi ma ben presto si lasciò andare. Fu come un’abdicazione..”.

Ecco il motivo della sconfitta, per due anni l’Esercito italiano aveva sofferto troppo  oltre il limite umano di sopportazione, così dopo 11 battaglie d’attacco, la dodicesima, la prima in difesa, si rivelò fatale in tutta la sua ipocrita fragilità.

Tutti sapevano tutto, l’ora esatta dell’attacco austro-ungarico tedesco si conosceva da tempo, il luogo pure, non c’è stata nessuna sorpresa, eppure non mi accorsi del gas che arrivava, così, senza sparare un solo colpo io e i miei compagni restammo uccisi senza reagire, fermi ai nostri posti, composti come statue, tanto che a distanza sembravamo vivi.

Sono morto a vent’anni senza aver vissuto e senza sapere il perché e per chi morivo. Questa la mia caporetto. La vostra sarà peggiore, non avete ancora imparato dai nostri errori perché ci avete dimenticati.

Stefano Armellin per il Centenario della Grande Guerra 1917-2018



CAPORETTO MENO : NOVE - OTTO - SETTE - SEI - CINQUE - QUATTRO - TRE - DUE - UNO : IL GRANDE SILENZIO 

Buona Domenica Generale Claudio Graziano,

con questo simbolico conto alla rovescia penso al vostro Convegno del 25 cm, un giorno dopo l'inizio della battaglia- enigma di cent'anni fa, la dodicesima dell'Isonzo.

Mio padre é stato negli alpini, e conservo ancora il congedo di mio nonno ferito nella Grande Guerra, il mio servizio é stato in aeronautica, telescriventisti, Cameri 1984, 53° Stormo caccia intercettori CMP Tornado.

Questa mia CAPORETTO proprio come la battaglia viene da molto lontano e andrà molto lontano, già nel comunicato stampa parlo di STALINGRAD ; l'ennesima prova che gli esseri umani non imparano dagli errori, dopo il primo fanno il secondo che innesca la sequenza atomica che ci rende tutti in ansia, da qui, a Pompei, sotto la bomba Vesuvio ne sappiamo qualcosa.

Storicamente c'é un precedente di pari gravità: 9 d.C. sotto l'Imperatore Augusto, l'esercito di Varo viene massacrato nella selva di Teutoburgo in Germania da un capo tribù dei Cherusci ; Arminio.

Questo Centenario a mio avviso ha mosso poco, i testimoni diretti degli eventi sono scomparsi, ma il dovere impone di ricordare perché la memoria storica é matrice del presente che raggiungerà il futuro.

Una distanza di cent'anni può aiutare a vedere meglio i fatti inimmaginabili. 

"Torneranno i prati" dice Olmi, ma questi prati non avranno memoria, perché é nella natura degli esseri umani e dei popoli dimenticare il grande dolore.

CAPORETTO spinge i limiti dell'arte così avanti da cadere in un'altra battaglia terrificante : STALINGRAD, sigillo di un processo distruttivo annunciato a Fatima.

Nè Caporetto né Stalingrad esistono più come nomi di città, appunto sono tornati i prati, e altre generazioni di bambini giocano su di essi, in un pericolo non più circoscritto fra due fronti, perché l'unico fronte, quello atomico, oggi é l'intero Pianeta.

Non possiamo certo dire come esseri umani di aver vinto la nostra battaglia, il Piave é l'eccezione spiega Mario Silvestri, caporetto la regola italiana; 


1917 -2017 l'enigma non é stato risolto ma due pezzi decisivi CAPORETTO e STALINGRAD sono ora posati sulla scacchiera folle del mondo.

Stefano Armellin 

Pompei, domenica 15 ottobre 2017

ROMA, GIOVEDI' 25 OTTOBRE 2017 ORE 18.30 CONVEGNO STORICO : 1917 LA RINASCITA DELLA NAZIONE INTERVENGONO IL GENERALE CLAUDIO GRAZIANO E ALDO CAZZULLO CONCLUDE IL MINISTRO DELLA DIFESA ROBERTA PINOTTI p/o Biblioteca di Palazzo esercito di Via XX settembre

ROMA, MERCOLEDI' 27 SETTEMBRE 2017 ORE 12 INCONTRO CON LA SENATRICE
TERESA ARMATO, GRANDI EVENTI DEL MINISTERO DELLA DIFESA

Alle due del mattino del 24 ottobre 1917, i cannoni austro-tedeschi cominciarono a colpire le linee italiane. All’alba le Sturmtruppen, protette dalla nebbia, andarono all’assalto. In poche ore, le difese vennero travolte e la sconfitta si trasformò in tragedia nazionale. Oggi sappiamo che quel giorno i nostri soldati hanno combattuto, eccome, finché hanno potuto. Ma perché l’esercito italiano si è rivelato così fragile, fino al punto di crollare?
Da cent’anni la disfatta di Caporetto suscita le stesse domande: fu colpa di Cadorna, di Capello, di Badoglio? I soldati italiani si batterono bene o fuggirono vigliaccamente? Ma il vero problema è un altro: perché dopo due anni e mezzo di guerra l’esercito italiano si rivelò all'improvviso così fragile? L’Italia era ancora in parte un paese arretrato e contadino e i limiti dell’esercito erano quelli della nazione. La distanza sociale tra i soldati e gli ufficiali era enorme: si preferiva affidare il comando dei reparti a ragazzi borghesi di diciannove anni, piuttosto che promuovere i sergenti – contadini o operai – che avevano imparato il mestiere sul campo. Era un esercito in cui nessuno voleva prendersi delle responsabilità, e in cui si aveva paura dell’iniziativa individuale, tanto che la notte del 24 ottobre 1917, con i telefoni interrotti dal bombardamento nemico, molti comandanti di artiglieria non osarono aprire il fuoco senza ordini. Un paese retto da una classe dirigente di parolai aveva prodotto generali capaci di emanare circolari in cui esortavano i soldati a battersi fino alla morte, credendo di aver risolto così tutti i problemi.
In questo libro Alessandro Barbero ci offre una nuova ricostruzione della battaglia e il racconto appassionante di un fatto storico che ancora ci interroga sul nostro essere una nazione.
Caporetto - Laterza Editori pp.672 Prezzo 24,00 euro



98. ANIMA POMPEIANA
LA GUERRA DELLA MEMORIA O LA MEMORIA DELLA GUERRA :
L'Italia si trova a celebrare il Centenario della Grande Guerra e come artista Veneto di Conegliano, nato lì 56 anni fa ho pensato di dare un contributo inedito ed epocale, nel senso che produrre CAPORETTO (immagini sul mio Blog) é stata una vera battaglia.

Avevo terminato il Poema visivo del XXI secolo a fine 2013, il 2014 l'ho dedicato ad un aggiornamento dello stesso Poema e a fine 2015 avevo capito che non potevo continuare ad aggiornare un'opera che mi aveva già impegnato vent'anni 1993/2013.
Così smisi di acquistare materiale convinto che se dovevo produrre qualcosa i fogli mi sarebbero apparsi, era già successo, infatti camminando sul marciapiede trovai una scatola di libri delle medie e un album F4 usato da uno studente e cestinato ; ecco il mio clochard, dissi, al quale dare vita.
Presi l'album trovando i fogli perfetti e pensai a Giovanni Papini che sosteneva che proprio alla fine di una Grande Opera si doveva iniziare davvero qualcosa di nuovo, mettendo finalmente in pratica quel che si era imparato prima.
Prima mi ero dedicato a variazioni sulla Croce e sul volto umano, ora volevo fare focus su un singolo catastrofico evento, la peggiore disfatta militare italiana, appunto CAPORETTO e, in una striscia di 360 cm complessivi raccontare l'indicibile per sintetizzare l'incomprensibile rotta di CAPORETTO.
E' noto che in due settimane di autunno del 1917 furono 350 mila i morti, dispersi e feriti italiani ; perciò ho fatto 350 croci diverse per richiamare alla memoria mille caduti per ogni Croce.
L'avventura di questo Capolavoro che scardina completamente tutte le configurazioni artistiche contemporanee esistenti oggi, é iniziata il 14 maggio quando l'ho fotografato per la prima volta a Conegliano nella casa dove é morto mio padre, ed é quindi on line per il pubblico del mondo.
Servono ora ingrandimenti fotografici, luoghi e strutture idonee per generare un evento della memoria capace di ri-evocare il passato con i contenuti del presente, perciò ho continuato CAPORETTO con la battaglia di STALINGRAD entrambe infatti fanno parte di uno stesso processo : folle.
Una follia che non possiamo rinunciare a comprendere e capire, se vogliamo guarire definitivamente da essa per avere oggi e in futuro, prospettive sane e autenticamente umane.

Stefano Armellin
Centenario Prima Guerra Mondiale 2014/2018


Opera in versione non definitiva

REPORT STORICO DELL'INIZIATIVA CAPORETTO :



Diocesi di Vittorio Veneto

Eccellenza Mons. Vescovo Corrado Pizziolo,

Le manifestazioni per la Grande Guerra nel triveneto sono numerose e a vari livelli, si trattava di individuare una proposta capace di raccogliere l'insieme delle testimonianze in una sola immagine da inserire in una apposita struttura espositiva.


Perciò per CAPORETTO già on line sul mio Blog e su Facebook  ho individuato a Conegliano l'area più adatta per l'anteprima istituzionale, fronte il Museo degli Alpini, per portare pure l'attenzione sia sulla Caserma Marras (foto sotto) per un recupero a favore della nuova sede della Biblioteca Civica, sia sul vicino campanile San Martino che ha bisogno di restauro urgente.

Per la Caserma Marras, futura Biblioteca Civica, sarebbe un evento di grande visibilità internazionale se Ella come auspico può invitare il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin per celebrare la Santa Messa al milite ignoto presente nell'Opera

L'evento sarà ancora più significativo con la benedizione del Santo Padre alla lampada votiva per il milite ignoto, e il percorso itinerante dell'esposizione nel triveneto seguito a questo punto per la logistica, dagli Alpini professionisti fino alla grande Adunata di Treviso 2017 con ideale proseguimento alla Biennale di Venezia.


Perciò se c'é l'interesse operativo da parte di tutti coloro che sono stati messi a conoscenza di questo progresso nell'arte, nella cultura e nella memoria della Grande Guerra non resta che proseguire per attivare sia le risorse necessarie sia il calendario delle esposizioni della installazione CAPORETTO che non é un evento isolato bensì inserito nel mio progetto : UNA NUOVA IMMAGINE PER L'ITALIA


 Opera in versione non definitiva
THE OPERA COLLECTION
di Stefano Armellin dal 1983
Conegliano,  24 maggio 2016

Oggetto : CAPORETTO immagine guida per le commemorazioni della Grande Guerra

“Commemorare le tragiche vicende della guerra per celebrare la pace e promuovere una cultura di dialogo, cooperazione e unione fra i popoli: questo l’obiettivo principale del Comitato veneto per il Centenario, composto da istituzioni pubbliche e aperto alla più ampia partecipazione…” On. Marino Zorzato e Marino Finozzi

CAPORETTO va quindi bene per una esposizione esterna e itinerante, partendo da Caporetto, nelle piazze storiche fino lungo il Piave dove la disfatta è diventata vittoria, cadere per risorgere.A Treviso con gli alpini nel 2017 e ideale proseguimento alla Biennale di Venezia 2017, lo scrivente è già stato segnalato al nuovo curatore.

CAPORETTO va quindi ingrandita sette volte su 15 moduli alti 2.97 m x 2.31 m di base per un totale unito di 25.2 m che consentono una più chiara ed ottimale fruizione dell’opera da parte del grande pubblico. I moduli vanno realizzati in materiale leggero ma forte, stabile e resistente alla luce e alla pioggia. L’installazione si completa definendo il tricolore con elementi laterali verdi e rossi sempre di 25m. altezza 3m.

CAPORETTO diventa quindi anche un fondale scenografico di accompagnamento ad ogni tipo di manifestazione sul tema. A Treviso in una vetrina ad oc si può iniziare a presentare al pubblico l’Opera, poi a Conegliano l’anteprima ufficiale fronte il Museo degli Alpini e a seguire il tour con partenza da Caporetto.

CAPORETTO nella sua versione originale rimane un pezzo unico significativo per questo centenario della Grande Guerra.

CAPORETTO con il consenso del pubblico potrebbe diventare a sorpresa una di quelle immagine cardine della stessa storia dell’arte, dove gli esseri umani si rispecchiano per trovare in essa il senso non solo della storia ma della loro stessa vita.


CAPORETTO composto da 350 croci diverse si presta anche ad un iper sviluppo comunicativo-espressivo: catalogo,cartoline,marchio,oggetti souvenir, docu-film, report Tv didattici per le scuole di ogni ordine e grado, stampe numerate,ecc. tutti vettori utili alla diffusione dell’opera per il successo nel mondo di tutta la manifestazione.

Opera in versione non definitiva



Oggetto :   CAPORETTO di Stefano Armellin, logistica e regia

Dal punto di vista logistico a partire da CAPORETTO, serve calendarizzare i luoghi più idonei per l’esposizione pubblica in modo che si arrivi a Treviso con gli alpini (500 mila) davvero in un crescendo epocale di consenso per il milite ignoto in una vitale ri-elaborazione del senso della guerra e della vita.

A Treviso 2017 il plotone di alpini si ferma all’inizio di CAPORETTO (75 m lineari, il tricolore con l’Opera), e attende il comando vocale del comandante, quasi un urlo :

ALPINIII ! AT-TENTI … IL MILITE IGNOTO…CAP-PELLO SUL CUORE…ALPINIII ! AVANTIII MARCH ! e la mondovisione RAI potrà documentare un evento che farà piangere il mondo intero. CAPORETTO : cadere per risorgere.

Perciò sarebbe giusto individuare un generale degli alpini in servizio attivo capace di garantire alla struttura espositiva: montaggio, smontaggio, trasporto e sicurezza in ogni luogo.

Infatti è bene ci sia un picchetto d’onore e una guardia a cura degli alpini professionisti per tutta la durata del tour.

Lampada d’olio perpetua davanti al milite ignoto benedetta da Papa Francesco.
Madrina solista per tutto il tour : il soprano lirico di Padova Silvia Rampazzo clicca qui

La struttura completa è composta da tre elementi : A. Verde, altezza 3 m lunghezza 25 m (per a.b.c) intreccio di tubi innocenti ; B. Bianco, intreccio di tubi innocenti (o altro) con l’Opera CAPORETTO di Stefano Armellin ; C. Rosso ; con un architetto possiamo rapidamente definire sia il modello sia il peso reale.Totale lineare : 75 m.

Oltre agli sponsor istituzionali, RAI compresa, quest’idea può raccogliere il sostegno degli imprenditori del triveneto più sensibili alla cultura e alla storia della zona che a questo livello coinvolge non solo l’Italia ma l’Europa.


Stefano Armellin

Opera in versione non definitiva
Opera in versione non definitiva
DURANTE IL XX° SECOLO SOLO IL 5% DELLE MORTI UMANE FU IL RISULTATO DI VIOLENZE DA PARTE DELL'UOMO, E QUESTO E' STATO IL SECOLO CHE HA VISTO LE GUERRE PIU' SANGUINARIE E I GENOCIDI PIU' ENORMI DELLA STORIA

Opera in versione non definitiva
Opera in versione non definitiva
Opera in versione non definitiva
Al Sindaco di Conegliano, Floriano Zambon

(...)

Come dicevo a lei il 18 maggio, serve un coordinamento “del cuore” un’iniziativa capace di far vibrare emozioni vere, autentiche, in un contesto innovativo e coordinato, perché la Grande Guerra ci riguarderà sempre.

CAPORETTO è una tragedia tutta italiana, un enigma che abbiamo il dovere, generazione dopo generazione di decifrare e studiare con attenzione, 

CAPORETTO è la radiografia del nostro futuro.

Perciò quest’Opera non si ferma al memorial ma è una precisa richiesta al Paese della necessità vitale di una nuova e decisiva vittoria, più vasta e importante, perché oggi la linea del Piave corrisponde all’orizzonte del mondo, e i giovani di ogni età che a Conegliano e in altre città vanno a scuola sono i giovani del mondo.

Cordialità

Stefano Armellin
Pompei, giovedì 2 giugno 2016 


Opera in versione non definitiva
Opera in versione non definitiva
Opera in versione non definitiva

Opera in versione non definitiva
Opera in versione non definitiva
Opera in versione non definitiva
Pompei, lunedì 20 giugno 2016

Per il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia
Delegato : Assessore Federico Caner
Oggetto : CAPORETTO


(...) con CAPORETTO ci si trova d’innanzi ad uno sviluppo inedito dell’arte contemporanea italiana capace di approdare dopo un tour pubblico inter-regionale alla Biennale di Venezia 2017. Questo tour è già iniziato on line a spese dello scrivente.

Focus operativo su Conegliano perché serve una grande iniziativa riconosciuta a livello mondiale per conseguire il titolo Unesco per le colline del Prosecco, un’iniziativa non disgiunta da interventi culturali sociali significativi, come il trasferimento della Biblioteca Civica nella sede più idonea dell’ex Caserma Marras,non disgiunto da un progetto veramente innovativo di Biblioteca, e il restauro del campanile storico di San Martino adiacente alla caserma Marras, aspetti questi già segnalati nel concorso nazionale Bellezza; il 10 agosto 2016 il decreto con i risultati.

Perciò ho chiesto un incontro operativo con l’interesse da parte del Presidente Zaia di valutare pure una nuova immagine propulsiva sia della Regione Veneto sia dell’Italia

Non è mia intenzione imporre alcunché, semplicemente metto in luce come ad un certo punto della mia ricerca creativa ho prodotto CAPORETTO (oggi in lavorazione STALINGRAD) poi ho messo CAPORETTO all’attenzione del pubblico.

Ed è proprio l’incontro fra CAPORETTO e il pubblico a rivelarsi magico come atteso da sempre, quindi, a mio avviso CAPORETTO merita attenzione e sviluppo per una elaborazione collettiva del lutto che non c’è mai stata e alla quale noi italiani-europei non possiamo rinunciare

CAPORETTO non è solo la storia della disfatta ma della ripresa e vittoria dopo uno sfondamento micidiale, ed è proprio questa ripresa tenace, volitiva, determinata, che va riproposta,  attualizzando la vittoria sul Piave per tutto il Paese e l’Europa

Per concludere : ”La…storia non potrà in alcun modo disconoscere, anzitutto, un dato di fatto documentato : che il soldato italiano, non per virtù di provvedimenti di comando o di governo, né per favorevole rivolgimento di situazione militare (che dovette anzi conquistare col suo sangue), ma da sé e da solo, ben inteso sotto i suoi comandanti diretti di unità e di reparti, riprese la sua coscienza morale e il suo valore, ISTANTANEAMENTE, alla prova immediata di una lunga e sanguinosa battaglia per le truppe in linea, ed al controllo immediato di una rapida e salda ricostituzione per le truppe sbandate dal rovescio”. (Generale Giardino). Questo è il vero mistero di Caporetto. (Silvestri)
Può forse la Regione Veneto ignorare il sangue versato cent’anni fa ?

 il sangue mescolato alla terra ancora presente per l’eternità su questa Regione d’Italia che considera il Piave : fiume Sacro della Patria

Allora CAPORETTO, è non solo il memorial di tutto quanto fin qui si è scritto e disegnato, ma è una presenza attiva per ri-generare la spinta di allora ISTANTANEAMENTE nelle generazioni di oggi  per quelle di domani, perché solo così la grande vittoria di allora potrà dirsi compiuta e il sangue versato riscattato.

La grande opera supera sempre l’artista o gli artisti che la eseguono ed è sempre attesa come intima risposta alle pressanti richieste dell’umanità per vincere con essa le sfide del presente, e ci riesce benissimo quando é diversa da tutte le altre. Infatti, dietro CAPORETTO c’è The Opera Collection dal 1983.
Arrivederci

Stefano Armellin


CAPORETTO E LA PATRIA   

Centenario della Grande Guerra 


Ci sono opere d'arte pensate e costruite per obbedire a una Missione, Caporetto, il mio Capolavoro, é una di queste. Confortato dalla critica d'arte seria proseguo da trentatré anni la mia ricerca creativa inseguendo il risultato assoluto.

Serviva però una sintesi, chiara, comprensibile di tutta la ricerca di una vita portata avanti senza borse di studio che oggi ben vengano per gli studenti delle scuole italiane, poi però serve l'impegno, lo studio rigoroso, la dedizione alla propria materia, la giusta sensibilità poetica non disgiunta dalla capacità interiore  di resistere alle critiche interne ed esterne la propria famiglia. 

Si parla tanto di innovazione nel mondo ma una vera innovazione per la storia iconografica dell'umanità fa sempre fatica ad affermarsi. 

Oggi con Caporetto questa innovazione visiva é presente e disponibile  on line dal 14 maggio  2016 per il pubblico del mondo 

Caporetto é pari grado a Guernica di Picasso, ma più contestualizzato, affronta una battaglia più grande ed é preceduto da un Poema visivo immenso,

L'Italia celebra il Centenario della Grande Guerra e come artista Veneto di Conegliano, nato lì 56 anni fa ho pensato di dare un contributo inedito ed epocale, nel senso che produrre Caporetto (immagini sul  Blog) é stata una vera battaglia.

Avevo terminato il Poema visivo del XXI secolo a fine 2013, il 2014 l'ho dedicato ad un aggiornamento dello stesso Poema e a fine 2015 avevo capito che non potevo continuare ad aggiornare un'opera che mi aveva già impegnato vent'anni 1993/2013.

Così smisi di acquistare materiale convinto che se dovevo produrre qualcosa i fogli mi sarebbero apparsi, era già successo, infatti camminando sul marciapiede trovai una scatola di libri delle medie e un album F4 usato da uno studente e cestinato ; ecco il mio clochard, dissi, al quale dare vita. 

Presi l'album trovando i fogli perfetti e pensai a Giovanni Papini che sosteneva che proprio alla fine di una Grande Opera si doveva iniziare davvero qualcosa di nuovo, mettendo finalmente in pratica quel che si era imparato prima. 

Prima mi ero dedicato a variazioni sulla Croce e sul volto umano, ora volevo fare focus su un singolo catastrofico evento, la peggiore disfatta militare italiana, appunto Caporetto e, in una striscia di 360 cm complessivi raccontare l'indicibile per sintetizzare l'incomprensibile rotta di Caporetto.

E' noto che in due settimane di autunno del 1917 furono 350 mila i morti, dispersi e feriti italiani ; perciò ho fatto 350 croci diverse per richiamare alla memoria mille caduti per ogni Croce. 

L'avventura di questo Capolavoro che scardina completamente tutte le configurazioni artistiche contemporanee esistenti oggi, é iniziata il 14 maggio quando l'ho fotografato per la prima volta a Conegliano nella casa dove é morto mio padre, ed é quindi on line per il pubblico del mondo.

Servono ora ingrandimenti fotografici, luoghi e strutture idonee per generare un evento della memoria capace di ri-evocare il passato con i contenuti del presente, perciò  Caporetto con la battaglia di Stalingrad fanno parte di uno stesso processo : folle. 

Una follia che non possiamo rinunciare a comprendere e capire, se vogliamo guarire definitivamente da essa per avere oggi e in futuro, prospettive sane e autenticamente umane.

C'é una memoria da recuperare per progredire come persone, anche se i fatti della battaglia sfuggono nella loro essenza, e, tentare di capire però vuol dire già incamminarsi verso un nuovo Avvenire.

Stefano Armellin 2016

APPROFONDIMENTI :

Caporetto, Una battaglia e un enigma, di Mario Silvestri, Milano, RCS, 2003

Badoglio, il maresciallo d'Italia dalle molte vite, di Silvio Bertoldi, Milano, RCS, 2001

La follia e la fuga, Nevrosi di guerra, diserzione e disobbedienza nell'esercito italiano (1915-1918), di Bruna Bianchi,Roma, Bulzoni, 2001

La prima Guerra Mondiale, una breve storia, di Norman Stone, Milano, Feltrinelli, 2014 

In trincea di Aldo Cazzullo clicca qui

Caporetto oggi di Stenio Solinas clicca qui

Memorie di guerra di Padre Giovanni Semeria clicca qui 

CAPORETTO Grande Adunata del Piave 2017 clicca qui 

STALINGRAD FOR VLADIMIR PUTIN clicca qui 


Perchè è avvenuta la disfatta di Caporetto? 
Lo spiega lo storico, Prof. Alessandro Barbero


Nel nuovo libro di Alessandro Barbero, il racconto appassionante della disfatta che ancora ci interroga sul nostro essere una nazione . 
Lo sfondamento di Caporetto costrinse Cadorna a ordinare la ritirata non solo della Seconda Armata dall’Alto Isonzo e dalla Bainsizza, ma anche della Terza Armata dal Carso, e poi della Quarta Armata dalla Carnia. Più di un milione di uomini si riversò sulle strade che portavano ai pochi ponti sul Tagliamento, senza sapere chi sarebbe riuscito a passare e chi sarebbe rimasto in trappola. Innumerevoli memorialisti e parecchi scrittori, da Gadda a Soffici, da Hemingway a Comisso, hanno descritto quei giorni di tragedia e di follia: i saccheggi e le fucilazioni, i magazzini incendiati, i carri e i cannoni abbandonati, i cadaveri e le carogne, la fuga dei civili dal Friuli invaso, le scene dantesche dei ponti sul Tagliamento fatti saltare con tutti quelli che li affollavano, l’illusione che al di là del fiume ci fosse la salvezza – mentre poi la linea non poté essere tenuta, perché i tedeschi erano riusciti a passare il fiume più a nord, e la ritirata proseguì fino al Piave.
Assistere a quelle scene rendeva eloquenti; ecco perché è difficile resistere alla tentazione di citare ampiamente le descrizioni dei testimoni. Perfino la Commissione d’inchiesta trovò parole memorabili per descrivere quel che divenne la ritirata a partire dal secondo e ancor più dal terzo giorno:
Le strade in corrispondenza dei settori sfondati sono occupate per tutta la loro ampiezza da carriaggi e da fiumane di uomini, che procedono come possono, senza che alcuno ne regoli il deflusso; nella ressa molti corpi perdono i vincoli organici, gli ufficiali si trovano disgiunti dai loro reparti, taluno rimasto isolato e stanchissimo profitta dei carri per montarvi su... Le colonne in ritirata procedono tra gli incendi dei baraccamenti e dei magazzini, che non si vogliono abbandonare al nemico; gli scoppi dei depositi di munizioni accrescono lo sgomento e l’orrore. Molti dei fuggiaschi si arrestano ai magazzini abbandonati o che stanno per essere bruciati, per provvedersi di viveri o di abiti; non è ancora un saccheggio, forse anzi nessuno vi pensa; ma gli sbandati si lasciano tentare troppo facilmente dai depositi delle sussistenze e nella imprevista abbondanza ben pochi conservano la misura. Pochi intervengono a porvi un freno e cominciano a spesseggiare gli ubriachi che si abbandonano disfatti sui margini delle strade, facile preda al nemico. Gli avvinazzati, gli elementi più torbidi, si indugiano talvolta nei paesi sgombrati, e al saccheggio dei magazzini di sussistenze si aggiunge quello dei negozi di generi commestibili, spesso anche di case private. Il saccheggio può compiersi sfacciato e impunito, la disciplina è allentata in tutti i reparti, l’intervento dei superiori nei meandri delle piccole viuzze è inefficace: a Palmanova la nostra cavalleria carica torme di saccheggiatori ubriachi senza riuscire a por fine alla oscena baraonda.
Via via che la folla si avvicinava ai ponti sul Tagliamento, la situazione diventava più ingestibile. Il generale Giacinto Ferrero, cui era stato affidato il comando di tre corpi della Seconda Armata, arrivò a piedi al ponte di Madrisio, uno di quelli in cui il passaggio avvenne in modo più ordinato e dove fu mantenuta una parvenza d’inquadramento dei reparti:
Ad ora tarda seguendo l’argine che da Varmo conduce al ponte di Madrisio dovetti impiegare circa due ore a percorrere quattro chilometri passando sopra i carri e sotto i cavalli di parecchie colonne intrecciate ed intasate sull’angusta strada dell’argine; a pié delle scarpate nella palude circostante, cavalli sfiniti cadevano ad ogni tratto ed affogavano. Davo ordini e consigli ed opera qua e là a gente che non comprendeva più. Il ponte pericolante e minato non consentiva che il transito nella parte centrale. Al di là del ponte sul terreno naturale i carreggi trainati da cavalli sfiniti e sovraccarichi inceppavano; i pedoni carichi anch’essi, molti disarmati, si arrestavano in mezzo alla strada per udire il richiamo sperato dei rappresentanti dei vari reparti i quali in guisa dei conducenti d’albergo che all’uscita delle stazioni ferroviarie gridano il nome del rispettivo albergo urlavano un numero di reggimento o di reparto in un clamore assordante.
Ecco invece quello che vedeva chi arrivava a Codroipo sperando di passare il fiume sui ponti della Delizia, dove la catastrofe toccò il culmine:
Lo spettacolo che offriva la strada è indescrivibile. Il raccapriccio, lo scoraggiamento provato nel vedere a che punto era arrivato lo sfacelo del nostro esercito, non saprò mai dirlo. Immaginatevi uno stradone largo circa 8 metri, lungo a perdita d’occhio, tutto gremito di carri, carrette, artiglierie, cannoni, automobili, motociclette, insomma tutti i veicoli usati oggigiorno. Immaginatevi tutti questi veicoli rovesciati o spezzati o sfasciati, ribaltati con tutti i carichi sparsi per terra, casse sventrate, fogli per tutto, interi archivi di comandi sparpagliati. I carreggi della sanità che avevano profuso per ogni dove quantità di medicinali, di fasce, di strumenti chirurgici, tutti alla rinfusa nel fango, nei fossati a lato della strada. Carreggi della sussistenza che avevano sparso per tutto scatolette di carne, di salmone, pagnotte, farina, grano, carne, olio. Carri con le cassette degli ufficiali sventrate, spaccate, con tutte le biancherie, abiti, utensili di ogni genere disseminati. E per ogni carro il relativo mulo o cavallo morto ancora attaccato alle stanghe. Si camminava in fretta calpestando uniformi, biancheria, medicinali, carte.
Il senso di fine del mondo era accentuato dalla mescolanza dei soldati in ritirata e dei profughi. I civili intasavano le strade anche perché era autunno, subito dopo il raccolto, e ai contadini sembrava inconcepibile abbandonare la loro roba perché la confiscassero gli invasori – l’importanza della stagione è un dato che oggi ci può sfuggire, ma la colse bene il generale Caviglia:
Eravamo in autunno avanzato, e tutti i raccolti dell’annata erano già immagazzinati; i granai ed i fienili colmi, le cantine ripiene, le stalle ed i pollai zeppi. La gente nella sua fuga cercava di salvare quanto più poteva delle sue ricchezze, e tutti si dirigevano verso i ponti; per cui, frammischiate con le truppe e con i servizi militari, le popolazioni ingombravano tutte le strade. Il fascio stradale principale, affluente ai ponti di Codroipo, versava alla riva sinistra del Tagliamento torrenti di materiali, di quadrupedi e di persone, sotto la pioggia dirotta.
Poi i ponti saltarono, con la gente sopra. Lo racconta uno dei genieri incaricati della mina:
In giornata anche questi due ponti sono saltati in aria in un modo molto tragico, e cioè mentre la gente borghesi e militari continuavano a passare, il Generale a un certo momento ha incominciato a gridare dicendo loro che fra trenta minuti il ponte salta chi fa in tempo passi chi non fa in tempo rimanga al dilà, ma la povera gente tutti vorrebbero passare ed era un continuo spingi spingi, ogni 5 minuti il Generale col suo alto parlante ricordava i minuti che rimanevano sino a quando mancavano 5 minuti dicendo: fra cinque minuti il ponte salta in aria, e continuava: meno 4 – meno 3, meno 2, ma il ponte era sempre pieno di gente e così a l’ultimo minuto il ponte è saltato in aria pieno zeppo di uomini, donne e bambini e quanto loro possedevano, non si doveva fare diciamo per umanità, ma la guerra vuole così, non facendo così sarebbe passato il nemico con tutti i mezzi a loro disposizione.
Ma per chi era riuscito a passare, era come essere entrati in un altro mondo. Giovanni Comisso, reduce da Plezzo, è fra quelli che giunsero in tempo ai ponti della Delizia:
Un rumore continuo di motori, di carri, di voci e di passi si sentiva avvicinandoci al ponte. La strada era ingombra. Un cannone, sfasciata la ruota, ostruiva il passaggio. Molti, stanchi di attendere, abbandonavano gli autocarri e proseguivano a piedi: signore con poca roba assieme ai soldati, una fila di soldati ammanettati, con paia di scarpe nuove da borghese appese al collo, qualche ufficiale superiore solo con una valigetta, prigionieri austriaci che se n’andavano liberi... Come un’altra aria era di là. Qualcuno fermo ci guardava arrivare e sorrideva. I campi vicini erano invasi da soldati che accendevano fuochi. Uno s’era messo a radere barbe all’aperto. Altri tiravano su da un fosso un cavallo morto e già preparavano le baionette per dividerselo.
Anche l’atteggiamento degli uomini cominciò a cambiare: si viveva sempre come in un sogno, ma un po’ per volta si riportavano i piedi per terra. La notizia che non si restava lì, ma bisognava continuare fino al Piave provocò costernazione, ma non più panico. L’esercito ricominciava a funzionare. Ma in quelle due settimane quel milione di uomini aveva vissuto un’esperienza che non aveva comune misura con nulla che si fosse mai conosciuto prima; un’esperienza che oscillò continuamente fra il carnevale e l’apocalisse.

Alessandro Barbero, Caporetto
Documenti complementari :

Film : Niente di nuovo sul fronte occidentale (1979)
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