domenica 13 dicembre 2009

622 di 2013 ; Olocausto

Stefano Armellin con il pezzo 622 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo : Olocausto :...la nostra perdurante incapacità di riconoscere il significato dell'Olocausto, di scoprire il bluff dell'inganno omicida, la nostra disponibilità ad assecondare il gioco della storia con i dadi truccati di una ragione che si scuote di dosso le proteste della morale come irrilevanti o insulse, il nostro consenso alla validità del calcolo costi-benefici come argomento contro gli imperativi etici, tutto ciò dimostra in modo eloquente la corruzione che l'Olocausto ha portato alla luce, ma che ha scarsamente contribuito a screditare.


Il punto è che solo il sentimento liberatorio della vergogna può aiutare a ricostruire il significato morale di una terrificante esperienza storica, e con ciò contribuire a esorcizzare lo spettacolo dell'Olocausto che ancora oggi turba la coscienza umana e ci fa trascurare la vigilanza nel presente per consentirci di vivere in pace con il passato. 

Il significato attuale dell'Olocausto è dato dalla lezione che esso contiene per l'intera umanità.

In un sistema in cui la razionalità e l'etica spingono in due direzioni diverse, l'umanità subisce i danni maggiori.

Il male non è onnipotente. 

E' possibile resistergli. Esiste una soglia magica di resistenza al di là della quale la tecnologia del male cessa di funzionare ?

Nell'Olocausto morirono circa un milione di bambini. 

Nella carestia-terrore di Stalin del 1933 ne morirono circa tre milioni...

Tre settimane di lavoro in una miniera d'oro rovinavano per sempre la salute di un uomo robusto...

Ma la peggior prigione è meglio del migliore campo (gulag) 

Perchè ? Per cosa ? il nazismo non distrusse la società civile. 

Il bolscevismo distrusse la società civile. 

Ed è una delle ragioni del -miracolo- della ripresa tedesca, e della persistente fragilità del fallimento russo. 

Non fu Stalin a distruggere la società civile. Fu Lenin a distruggere la società civile. A Amjakon nella Kolyma si arrivava a -71°. E' noto che nel corso delle bufere di neve scomparivano interi campi. Tutti morivano. Anche le guardie. Anche i cani". R. Hiberg


Le funzioni presbiterali di Padre Felice Artuso
Dio chiama i presbiteri ad esercitare il ministero sacerdotale nel nome di Gesù Cristo. 

Chiede a loro di respingere il miraggio del carrierismo, del successo popolare, dell’autoaffermazione, del profitto economico e della stabilità redditizia. Se esplicassero l’ufficio presbiterale secondo le ambiziose tipologie mondane, non predicherebbero la verità evangelica, né sarebbero nel popolo uno strumento di elevazione spirituale e di salvezza perenne.
 
I presbiteri svolgono la loro sublime ministero, riconoscendo che Dio è la loro eredità (Sal 16,5) e uniformandosi a Gesù capo e guida della Chiesa, sua sposa (1 Pt 2,25). 

Con semplicità accettano una parziale e feconda solitudine. Vegliano su se stessi, per combattere i vizi capitali e per vincere l’indolenza, la pigrizia, la negligenza, la sfiducia e le frequenti sensazioni di fallimento (At 20,28; 1 Tm 4,14-16). 

Mantengono un vivo e grato ricordo del dono ricevuto con l’imposizione delle mani (2 Tm 1,6). 

Si lasciano incessantemente scrutare, istruire e penetrare dalla Parola di Dio (Is 50,4-5). 

Ripetono sovente la preghiera che Gesù rivolse al Padre dall’incarnazione alla morte di croce: «Ecco, io vengo a fare la tua volontà» (Eb 10,9). 

Rimanendo all’ombra della Croce, pregano ogni giorno negli orari prestabiliti e sostengono le pratiche devozionali del popolo. Amministrano degnamente i sacramenti ai credenti, sapendo che prolungano la missione di Gesù. 

Nelle omelie, nelle catechesi, nelle relazioni pubbliche e nei dialoghi privati lottano contro coloro che commettono ingiustizie; denunciano i peccati, che turbano e guastano le persone. In ogni iniziativa si prefiggono di difendere il valore inestimabile della vita. 

Camminano pazientemente con la gente, tentata di svuotare il significato della Croce del Signore (1 Cor 1,17). Condividono le tristezze e le speranze dei tribolati. Impegnano intelligenza, conoscenze ed esperienze personali, per liberarli dalle loro afflizioni. 

S’inseriscono con entusiasmo nei problemi vitali della Chiesa locale, attuando le indicazioni pastorali del loro vescovo. Comunicano ai confratelli presbiteri le opinioni personali sui metodi pastorali più opportuni ed efficaci. 

Assieme ai collaboratori discutono, programmano e coordinano le ordinarie attività di gruppo. 

Portano il peso delle loro responsabilità e le stimmate di Gesù nella propria carne. Rispecchiano la semplicità, la generosità e l’umiltà di Gesù Cristo (Mt 20,28). Attuano quello che egli disse ai suoi discepoli: «Ricordatevi... se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20); 

«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua Croce e mi segua» (Mt 16,24). Gioiscono del bene, che vanno facendo e confidano di generare nuovi figli alla fede (Gal 4,19). 

Asseriscono con l’apostolo Paolo: «Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi… Mi affatico e lotto, con la forza che viene da Lui (Cristo) e che agisce con potenza» (Col 1,24.29); 

«Io di nuovo (vi) partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi» (Gal 4,19). Segue

Padre Felice Artuso