giovedì 4 settembre 2008

154 di 2013; La Grande Opera e Simon Pietro

Stefano Armellin con il pezzo 154 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013 



Titolo : La Grande Opera e Simon Pietro (Mc 14,54.66-72, par; Gv 18,12-27)
La presunzione e la debolezza di Simon Pietro di Padre Felice Artuso 
Durante la vita pubblica Gesù prepara i suoi discepoli alla missione, che affiderà a loro. 

Educa particolarmente Simone, figlio di Giona, a svolgere la missione di Pastore universale.

Nel primo intrattenimento, che ha con lui, lo guarda dentro e lo scruta attentamente. 

Lo ritiene un valido collaboratore e gli promette che lo chiamerà Kefa (Pietro), roccia (Gv 1,42). 

Simone, povero pescatore della Galilea, non capisce la promessa del suo nuovo maestro e non gli obietta nulla. Trascorsi diversi giorni, Gesù gli chiede di lasciare il lavoro e di seguirlo. 

Gli assicura quindi che lo costituirà pescatore di uomini, ossia gli offrirà la possibilità di tirar fuori le persone dalle loro penose situazioni (Mc 1,16-20; Lc 5,1-6.10). 

In un tempo successivo Gesù adempie quanto gli aveva promesso. Rivolgendosi a lui, lo chiama Kefa e lo associa a sé, pietra che sarà scartata dai costruttori, ma diverrà il fondamento di un nuovo edificio spirituale, la Chiesa (1 Pt 2,8). Assegna a Simon Pietro l’incarico di essere nella comunità apostolica il primo testimone della sua morte e della sua risurrezione, inoltre lo costituisce il supremo responsabile dell’unità della fede (Mc 3,13-17; Mt 16,16-19).
 
Simone, uomo molto emotivo, aderisce alla chiamata di Gesù e si affeziona a Lui. Intreccia con Gesù ardenti relazioni di ascolto, di stima, di amicizia, di amore e di collaborazione. Lo ospita nella sua modesta casa e lo ristora con generosità (Mc 1,29). Lo accompagna nei suoi frequenti dislocamenti. Talora a nome di tutti i discepoli gli chiede spiegazioni sul suo insegnamento oppure risponde alle sue domande, interpretando il comune pensiero degli altri accompagnatori (Mt 15,15; 16,16).

Si meraviglia, notando le sue straordinarie capacità. Si commuove e si riconosce un indegno discepolo, intuendo l’elevatezza del suo insegnamento. (Lc 5,8). In un momento di crisi collettiva afferma che conviene al gruppo degli apostoli continuare a seguirlo, perché ha intravisto che non ci sono altre vie di salvezza (Gv 6,67-69).
 
Avendo tuttavia una bassa recettività, non capisce Gesù che sta rivelandosi a lui e agli altri discepoli.

Gli dà solo un ascolto superficiale e rimane rigido nelle sue convinzioni. Mescola presunzione e debolezza, arroganza e timore, determinazione e incertezza. 

Scorda che deve lasciarsi educare e pretende d’istruire Gesù (Mc 8,32-33). Diverse volte costringe il suo maestro ad intervenire e a correggerlo. 

Ad esempio durante l’ultima cena manifesta la convinzione che non spetta a Gesù compiere l’umile servizio di lavargli i piedi. Gesù gli obbietta che sta al più grande onorare il più piccolo e solo chi accetta questo servizio gli appartiene.

Timoroso di perdere un caro amico, Pietro chiede quindi al suo maestro di lavargli tutto il corpo (Gv 13,3-10). Respinge anche la predizione di Gesù sull’abbandono di tutti i discepoli e sulla sua risurrezione (Lc 22,31, Mc 14,27-28). 

Reputandosi migliore degli altri e preparato ad affrontare qualsiasi difficoltà, asserisce con forza che non si scandalizzerà mai di Lui: «Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò» (Mc 14,29). Attesta perfino a Gesù che è disposto ad affrontare la prigionia e la morte, pur di permanere con lui: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte» (Lc 22,33). 

Padre Felice Artuso

"Il caldo era torrido e si sentiva che qualcosa di grosso stava maturando anche politicamente ". Traversi.