martedì 3 agosto 2010

856 di 2013 ; Dante. Uomo orfano Dio senza figli

Stefano Armellin con il pezzo 856 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo : Dante. Uomo orfano Dio senza figli. " La Commedia. La radice prima, il nucleo fondamentale dell'ispirazione, si profonda nel tempo, molto al di là del momento iniziale della stesura;
nasce e cresce, si potrebbe dire, con l'elaborarsi di tutta l'esperienza biografica di Dante, con il maturare della sua personalità intellettuale e morale...

E' non solo il maggior Poema della nostra letteratura, ma il compendio e il supremo fastigio di tutta la civiltà europea medievale...

Un orizzonte che supera di molto i limiti di una particolare comunità nazionale e linguistica e tende a spaziare fino agli estremi confini della cristianità.
E parrà ovvio anzitutto osservare che l'opera nasce in un momento di suprema fermentazione e di miracoloso quanto instabile equilibrio, sulla soglia di una crisi, che sta per investire e che ben presto travolgerà l'assetto dell'Europa cristiana, scardinando le sue basi ideali e distruggendo ad uno ad uno gli schemi della sua organizzazione politica.

Dante è tra i rappresentanti e gli artefici più notevoli, di questo momento della civiltà che conclude il Medioevo e prepara il Rinascimento; in lui l'ascetismo religioso e la sapienza teologica vivono accanto alla curiosità degli umani contrasti e degli aspetti naturali;...". Natalino Sapegno


Le stimmate del Signore: segni d’umiliazione e di gloria 1 di Padre Felice Artuso
Gesù conosce i pensieri e le aspirazioni dei discepoli, che hanno seguito Lui fino a Gerusalemme. 

Sa che Tommaso ha assunto un atteggiamento critico e paziente alla notizia dell’evento pasquale. 

Nella seconda apparizione al gruppo accondiscende al legittimo desiderio dell’apostolo di ricevere un indizio sensibile sulla bellezza della risurrezione. 

Egli si pone ancora in mezzo ai suoi discepoli, che stanno comprendendo le ampie dimensioni della loro identità apostolica e del loro incarico di promuovere la composizione di nuove comunità. 

Si rivolge quindi a Tommaso e gli comanda di toccare le Sue principali ferite, per guarire dalla personale incredulità: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!» (Gv 20,27).
 
Tommaso vede le cicatrici luminose ed eloquenti della Passione, della crocifissione, della morte e della risurrezione di Gesù. 

Costata che egli è passato a una nuova e meravigliosa corporeità. 

Non sente più il bisogno di introdurre la mano negli squarci del suo corpo glorificato, né di improvvisare un dialogo illustrativo, per arrivare alla fede nell’evento pasquale. 

Scioglie subito i suoi dubbi sulla trionfale vittoria di Gesù sulla morte. 

Colmo di gioia, emette questa solenne professione di Fede: «Mio Signore e mio Dio» (Gv 20,28). 

Confessa che Gesù è il Risorto ed è Dio che regna glorioso. Prima lo onorava semplicemente come uomo, ora lo venera nella sua suprema identità divina. 

Apostolo docile alla verità, diventa un testimone di Gesù, escluso, torturato, morto, sepolto, risorto, vittorioso sul male e vivente per sempre. 

S’impegna a trasmettere la sua nuova Fede in Lui e ottiene una grande reputazione nelle prime comunità cristiane, che presentano caratteristiche tanto vulnerabili. 

Nella risposta a Tommaso Gesù proclama beati coloro che, senza averlo mai visto, hanno creduto nella testimonianza degli apostoli e delle donne, hanno interiorizzato il messaggio pasquale e adesso contemplano Lui glorioso presso il Padre (Gv 20,29). Segue

Padre Felice Artuso