giovedì 30 dicembre 2010

1005 di 2013 ; il Secondo Avvento

Stefano Armellin con il pezzo 1005 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo : il Secondo Avvento. La sete fisica di Gesù, di Padre Felice Artuso

I crocifissi, esposti al sole, sudavano, perdevano il sangue, si disidratavano e la loro pelle si oscurava. Conoscevano inevitabilmente il tormento della sete, il bruciore della febbre e il fastidio del capogiro. Per lenire o interrompere momentaneamente l’intollerabile arsura, domandavano con insistenza una bevanda. 


Durante qualche lungo viaggio Gesù ha provato la sete e ha chiesto dell’acqua per potersi dissetare (Gv 4,1ss). 


Non si sa con esattezza se, dopo l’arresto al Getsemani, i sequestranti gli abbiano permesso di bere. Nelle ore della sua ultima notte e del suo ultimo giorno non assorbe probabilmente alcun liquido. 

Sospeso sulla Croce, constata che il suo respiro si accorcia, la vista si annebbia, le vene e le arterie si restringono, il cuore sovraffaticato rallenta i battiti, le ferite s'infiammano, le mucose s'irritano e la pelle trascolora. 

Nell’agonia mortale brama congiungersi a Dio e adempie il contenuto di questa preghiera salmica: «Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere. E' arido come coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola» (Sal 22,15-16).

Gli evangelisti non ci informano, se egli si è lamentato nello svolgimento della flagellazione, dell'incoronazione di spine, della salita al Calvario e della trafittura dei chiodi. Matteo e Marco ci attestano soltanto che egli, prima di morire, lancia un grande urlo nel quale esterna le sue acute e incontrollabili sofferenze. 

Luca non gradisce soffermarsi sulle sofferenze fisiche di Gesù ed evita di parlarne. Giovanni invece preferisce ricordare che Gesù ha voluto comunicare ai presenti il suo strazio corporale e spirituale. Scrive che egli ha, infatti, proferito questa parola: «Ho sete» (Gv 19,29). 

Per attenuare l’arsura, ha chiesto ai presenti un semplice gesto di bontà e di compassione. I soldati romani non potevano nutrire sentimenti di pietà verso i condannati a morte. Usavano dare ai crocifissi una bevanda, per tenerli desti, rianimarli e impedire che entrassero celermente nel completo torpore. 

Uno dei soldati prende dunque una spugna, la fissa sulla punta di una canna; la imbeve di posca, dissetante d’acqua ed aceto, usato solitamente dai militari e dagli agricoltori. Porge poi la spugna sulle labbra di Gesù. Gli inumidisce le labbra, ma non gli reca alcun ristoro, perché la miscela acidula aumenta unicamente il bruciore alle labbra. 

Il soldato non prova alcun rincrescimento per il suo gesto spietato. Reputa suo dovere torturare, schiacciare e distruggere le persone condannate a morte. L’uomo, che dipende dalle autorità corrotte, non rispetta i diritti altrui. 

Esegue gli ordini dei suoi superiori, assumendo un atteggiamento di estraneità e indifferenza. Umilia, tormenta, offende e annienta i suoi fratelli. Guardiamoci da coloro che pretendono il ricorso alla violenza, per far scomparire alla svelta i loro avversari".

Padre Felice Artuso

"Francesco a 42 anni, il 14 settembre 1224 riceve le stimmate. San Damiano, l'immagine di Cristo 

crocifisso dal dipinto gli parla, muovendo le labbra. 

Appaiono anche gli apostoli Pietro e Paolo mentre Francesco é in orazione nella Basilica a Roma 

in compagnia di frate Masseo. L'intervento di Francesco é al di fuori di ogni canone teologico o 

liturgico. La regola di vita dei frati é questa, di vivere cioé in obbedienza in castità e senza nulla di 

proprio.

Condizione preliminare per essere ammessi all'Ordine é che il postulante venda tutti i suoi beni e si 

affretti a distribuire ogni cosa ai poveri.

Si entra così in un regime di vita in cui é aborrito qualunque elemento possa sapere di superfluo, a

cominciare dalle vesti.

Una sola tonaca col cappuccio e un'altra senza cappuccio, se sarà necessario, e il cingolo e le 

brache. E tutti i frati indossino vesti senza pregio, e possano rappezzale con sacco e altre toppe.

E debbono essere felici quando si trovano tra genti da poco e spregiate ;

Tra i poveri e i deboli, tra gli infermi e i lebbrosi e i mendicanti della strada.

Nei riguardi del denaro si manifesta un'avversione tale da avvicinarsi ad un atteggiamento fobico...

Non dobbiamo trovare né stimare che vi sia nel denaro e nella ricchezza un'utilità maggiore che nei

sassi...E' vietato anche ricevere denaro in elemosina, con un'unica eccezione : In caso di manifesta 

necessità dei lebbrosi, i frati possono chiedere l'elemosina per essi ". Andreoli