Prima mondiale grafico-pittorica della Ginestra GINESTRA POMPEI VESUVIO DI STEFANO ARMELLIN CON GIACOMO LEOPARDI Pagine Facebook:
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83 foto e 38 opere di Stefano Armellin
E
gli uomini vollero piuttosto
le tenebre che la luce. Giovanni, III, 19.
1. Qui su l'arida schiena
del formidabil monte sterminator Vesevo, 1. Qui sulle brulle pendici 2. del terribile vulcano 3. Vesuvio, distruttore di genti, 2. la qual null'altro allegra arbor nè fiore, tuoi cespi solitari intorno spargi, odorata Ginestra, 4. che non sono rallegrate da nessun altro albero 5. né fiore, o profumata ginestra, spargi i tuoi rami 6. solitari, felice di trovarti de' tuoi steli abbellir l'erme contrade che cingon la cittade 7. nei deserti. Ti ho già visto 8. abbellire con i tuoi steli le campagne disabitate 9. che circondano Roma 4. la qual fu donna de' mortali un tempo, e del perduto impero par che col grave e taciturno aspetto 10. che fu sovrana dei mortali nell'antichità, 11. e sembra che questi luoghi col loro aspetto 12. severo e silenzioso facciano da ricordo 5. faccian fede e ricordo al passeggero. Or ti riveggo in questo suol, di tristi lochi e dal mondo abbandonati amante, 13. e testimonianza del perduto potere a chi passa 14. Ti rivedo ora su questo suolo, amante 15. di luoghi tristi abbandonati da tutti e sempre Questi campi cosparsi di ceneri infeconde, e ricoperti 16. compagna di sorti sventurate. 17. Questi terreni, cosparsi 18. di ceneri non produttive, e ricoperti che sotto i passi al peregrin risona; dove s'annida e si contorce al sole 19. di lava fattasi pietra, 20. che risuona sotto i passi del viandante; 21. dove il serpente si annida e si contorce cavernoso covil torna il coniglio; fur liete ville e colti, 22. sotto il sole, e dove il coniglio torna 23. all'abituale tana tra le caverne; 24. furono pieni di città ricche e campi coltivati, di muggito d'armenti; fur giardini e palagi, 25. biondeggiarono per i campi di grano e 26. risuonarono per i muggiti delle mandrie; 27. giardini e reggie furono gradito ospizio; e fur città famose che coi torrenti suoi l'altero monte 28. un gradito rifugio 29. per gli ozi dei potenti; e ci furono città famose 30. che il vulcano superbo 11. dall'ignea bocca fulminando oppresse con gli abitanti insieme. Or tutto intorno una ruina involve, 31. con i suoi torrenti di lava distrusse, insieme ai suoi abitanti, 32. eruttando dalla bocca di fuoco. Ora qui intorno 33. la rovina ricopre tutto, là dove tu hai radici, i danni altrui commiserando, al cielo di dolcissimo odor mandi un profumo, 34. o fiore gentile, e come per commiserare 35. i danni prodotti da altri, spandi verso il cielo 36. un profumo assai dolce, che allieta venga colui che d'esaltar con lode il nostro stato ha in uso, e vegga quanto 37. il paesaggio desertico. A questi luoghi deserti 38. si rechi chi é solito lodare in maniera esaltata 39. la condizione umana, e si renda conto all'amante natura. E la possanza qui con giusta misura 40. di quanto la natura affettuosa si preoccupa 41. dell'uomo. E in maniera opportuna 42. potrà anche aver cognizione cui la dura nutrice, ov'ei men teme, con lieve moto in un momento annulla 43. della potenza del genere umano, 44. che la natura crudele, quando l'uomo meno se l'aspetta, 45. annulla in parte e in un solo momento 16. in parte, e può con moti poco men lievi ancor subitamente annichilare in tutto. 46. con un moto impercettibile, e può 47. con una scossa un po' più netta 48. cancellare del tutto in un istante. son dell'umana gente le magnifiche sorti e progressive. 49. Qui rappresentate 50. sono le "sorti magnifiche e progressive" 51. delle stirpi umane. secol superbo e sciocco, che il calle insino allora 52. Guarda qui e qui specchiati, 53. secolo stupido e arrogante, 54. che hai abbandonato la strada segnata
19. dal risorto pensier segnato innanti
abbandonasti, e volti addietro i passi, del ritornar ti vanti, 55. sin qui dal pensiero rinascimentale 56. e materialistico, e torni sui tuoi passi, 57. ti vanti della tua svolta all'indietro,
20. e proceder il chiami.
al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti, di cui lor sorte rea padre ti fece, 58. addirittura la chiami progresso. 59. Tutti gli ingegni, di cui una sorte sciagurata 60. ti ha fatto padre, sono intenti ad adulare ch'a ludibrio talora t'abbian fra se. Non io 61. il tuo atteggiamento bamboccesco, benché 62. a volte, tra di loro, si facciano 63. beffe di te. Io non andrò sotto terra ma il disprezzo piuttosto che si serra di te nel petto mio, 64. con tal vergogna; 65. ma piuttosto il disprezzo nei tuoi confronti 66. che ho rinchiuso nel cuore, ben ch'io sappia che obblio preme chi troppo all'età propria increbbe. 67. l'avrò mostrato il più apertamente possibile; 68. anche se so che la cancellazione dalla 69. memoria schiaccia chi troppo biasima il proprio tempo. mi fia comune, assai finor mi rido. libertà vai sognando, e servo a un tempo 70. Di questo male, che sarà in comune 71. tra me e te, finora me ne rido molto. 72. Vai sognando la libertà, e tuttavia vuoi sol per cui risorgemmo della barbarie in parte, e per cui solo 73. che il pensiero sia di nuovo servo, quel pensiero 74. per cui, solo, risorgemmo dalle barbarie 75. e per cui solo si può crescere in civilizzazione, guida i pubblici fati. Così ti spiacque il vero 76. che unica tra tutte guida 77. il destino comune al meglio. 78. Perciò ti ha dato fastidio la verità che natura ci diè. Per questo il tergo vigliaccamente rivolgesti al lume 79. sulla sorte amara e sul mondo infelice 80. che la natura ci ha assegnato. Per questo motivo, 81. da vigliacco, hai voltato le spalle alla luce vil chi lui segue, e solo magnanimo colui 82. che ci ha mostrato queste cose; e, mentre fuggi, 83. chiami vile chi segue quella via, 84. e definisci magnanimo solo chi, fin sopra gli astri il mortal grado estolle. 85. astuto o stolto, illudendo gli altri o se stesso 30. Uom di povero stato e membra inferme che sia dell'alma generoso ed alto, non chiama se nè stima 86. eleva il genere umano fin sopra le stelle. 87. Un uomo di condizioni modeste e salute 88. cagionevole, nobile ed elevato d'animo, e di splendida vita o di valente persona infra la gente 89. non definisce né reputa se stesso 90. ricco di beni o di vigore fisico, 91. e non si mette ridicolmente in mostra ma se di forza e di tesor mendico lascia parer senza vergogna, e noma 92. tra la gente per la vita lussuosa 93. o per il suo bell'aspetto 94. ma senza vergogna si mostra privo fa stima al vero uguale. Magnanimo animale 95. di forza fisica e di beni materiali, e chiama 96. apertamente le cose col loro nome, e stima 97. le sue cose in modo aderente alla verità. quel che nato a perir, nutrito in pene, dice, a goder son fatto, 98. Non penso che sia un essere 99. magnanimo ma sciocco chi, 100. destinato a morire, educato attraverso le sofferenze, empie le carte, eccelsi fati e nove felicità, quali il ciel tutto ignora, 101. afferma: "Sono nato per essere felice" 102. e riempie con il suo nauseante orgoglio 103. fogli su fogli, promettendo in terra, a popoli che un'onda di mar commosso, un fiato 104. a genti che un'onda di tempesta 105. una pestilenza, un terremoto 106. possono distruggere in modo che distrugge sì, che avanza a gran pena di lor la rimembranza. 107. ne sopravviva a stento il ricordo, 108. un destino sublime 109. e straordinarie felicità 110. che il cielo stesso ignora. 38. Nobil natura è quella che a sollevar s'ardisce gli occhi mortali incontra 111. Uno spirito nobile é quello 112. che ha il coraggio di sollevare 113. i propri occhi mortali contro nulla al ver detraendo, confessa il mal che ci fu dato in sorte, 114. il destino comune, e che con parole oneste 115. e sincere e senza nulla togliere alla verità, 116. confessa il male che ci é stato assegnato, quella che grande e forte mostra se nel soffrir, nè gli odii e l'ire 117. e la nostra condizione meschina e fragile; 118. una natura nobile é quella che mostra sé 119. coraggiosa e forte nella sofferenza, e che non d'ogni altro danno, accresce alle miserie sue, l'uomo incolpando 120. aggiunge alle sue sciagure né gli odi 121. né le violenze tra simili, che sono ancora 122. più gravi del resto, dando la responsabilità 42. del suo dolor, ma dà la colpa a quella che veramente è rea, che de' mortali madre è di parto e di voler matrigna. 123. all'uomo del suo dolore, ma dà la colpa 124. alla natura che é davvero colpevole, e che 125. per gli uomini é madre per il parto e matrigna per come ci tratta. congiunta esser pensando, siccome è il vero, ed ordinata in pria 126. L'umanità definisce 127. questa come nemica 128. e pensando di essere, com'é vero, unita 129. e schierata contro di lei tutti fra se confederati estima gli uomini, e tutti abbraccia 130. ritiene tutti gli uomini confederati tra loro 131. e tutti li stringe in un abbraccio 132. con vera partecipazione, offrendo valida e pronta ed aspettando aita negli alterni perigli e nelle angosce 133. ed aspettando un valido e rapido aiuto 134. nelle alterne difficoltà e nelle sofferenze 135. della comune lotta. dell'uomo armar la destra, e laccio porre al vicino ed inciampo, 136. E crede che sia stolto armare la propria mano per le offese dell'uomo, 137. e gettare un tranello e tramare un danno contro 138. il proprio vicino, così come sarebbe stupido, cinto d'oste contraria, in sul più vivo incalzar degli assalti, 139. in un campo di battaglia circondato dai nemici, 140. nel momento più feroce dell'assalto, 141. dimenticando i nemici, intraprendere imprender con gli amici, e sparger fuga e fulminar col brando 142. con i commilitoni duri battibecchi 143. e disseminare la fuga o tirare colpi di spada 144. tra i propri guerrieri. Così fatti pensieri quando fien, come fur, palesi al volgo, 145. Quando considerazioni di questo tipo 146. saranno, come lo sono state in passato, 147. evidenti a tutti; e quando il terrore che per primo contra l'empia natura strinse i mortali in social catena, 148. unì gli uomini contro la natura malvagia 149. in una catena di solidarietà, 150. quando il discorso pubblico 51. fia ricondotto in parte da verace saper, l'onesto e il retto conversar cittadino, 151. onesto e retto sarà 152. in parte recuperato dal vero sapere 153. allora la giustizia e il senso di pietà avranno avranno allor che non superbe fole, ove fondata probità del volgo 154. un'altra radice che non l'ottusa fede, 155. sulle cui fondamenta la mentalità del popolo 156. é solita star in equilibrio come può stare quale star può quel ch'ha in error la sede. 157. chi ha il proprio appiglio nell'errore. 54. Sovente in queste rive, che, desolate, a bruno veste il flutto indurato, e par che ondeggi, 158. Sovente siedo nottetempo in queste lande, 159. che, deserte, il flutto solidificatosi della lava 160. -e sembra muoversi ancora- ricopre di colore 161. marrone cupo; e sul paesaggio tristissimo, 55. seggo la notte; e sulla mesta landa in purissimo azzurro veggo dall'alto fiammeggiar le stelle, 162. sotto un cielo terso e pulitissimo 163. vedo risplendere le stelle nel cielo, alle quali 164. il mare, da lontano, fa da specchio il mare, e tutto di scintille in giro per lo vòto Seren brillar il mondo. 165. e tutto il mondo brilla di scintille 166. per l'universo sereno. 167. E quando fisso lo sguardo a quegli astri, 57. E poi che gli occhi a quelle luci appunto, ch'a lor sembrano un punto, e sono immense, in guisa 168. che ai miei occhi paiono solo dei puntini, 169. e invece sono immensa, così che in realtà veracemente; a cui l'uomo non pur, ma questo 170. terra e mare sono un punto al loro 171. cospetto; e per queste stelle 172. non solo l'uomo ma la stessa Terra, 59. globo ove l'uomo è nulla, sconosciuto è del tutto; e quando miro quegli ancor più senz'alcun fin remoti 173. dove l'uomo vale nulla, 174. é completamente ignota; e quando contemplo 175. quella costellazione di stelle 176. lontanissime e senza fine 60. nodi quasi di stelle, ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo e non la terra sol, ma tutte in uno, 177. che ci sembrano come una nebbia, alle quali 178. non l'uomo, non la terra soltanto, 179. ma tutte insieme le nostre stelle, con l'aureo sole insiem, le nostre stelle o sono ignote, o così paion come 180. insieme con il sole dorato 181. infinite per numero e per mole, o sono ignote 182. o appaiono come loro sembrano a noi, e cioé 62. essi alla terra, un punto di luce nebulosa; al pensier mio che sembri allora, o prole 183. un punto di luce fioca; allora che puoi 184. sembrare al mio pensiero, 185. o stirpe umana? E ricordando 63. dell'uomo? E rimembrando il tuo stato quaggiù, di cui fa segno il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte, 186. il tuo stato sulla terra, di cui é testimonianza 187. il suolo vulcanico che io calpesto; e d'altra parte 188. considerando che ti reputi padrona credi tu data al Tutto, e quante volte favoleggiar ti piacque, in questo oscuro 189. e fine dell'universo; e pensando a quante volte 190. ti é piaciuto fantasticare su come i creatori 191. del mondo siano scesi su questo dimentico per tua cagion, dell'universe cose scender gli autori, e conversar sovente 192. granello di sabbia, che ha nome di Terra, 193. e su come abbiano spesso conversato 194. piacevolmente con i tuoi simili ; e ricordando sogni rinnovellando, ai saggi insulta fin la presente età, che in conoscenza 195. che, raccontando nuovamente illusioni 196. già derise a suo tempo, il nostro secolo, 197. che pretende di superare le ere precedenti sembra tutte avanzar; qual moto allora, mortal prole infelice, o qual pensiero verso te finalmente il cor m'assale? 198. in sapere e in civiltà, si burla dei saggi ; 199. che sentimento d'animo, o umanità infelice, 200. che pensiero nei tuoi confronti mi prende il cuore ? 201. Non so se prevale il riso o la pietà. cui là nel tardo autunno maturità senz'altra forza atterra, 202. Come un piccolo frutto cadendo dall'albero 203. che nell'autunno inoltrato la maturazione 204. fa precipitare a terra senza altra forza, cavati in molle gleba con gran lavoro, e l'opre 205. e schiaccia, annienta e cancella 206. in un attimo gli accoglienti nidi 207. di un popolo di formiche, scavati nella terra molle 71. e le ricchezze che adunate a prova con lungo affaticar l'assidua gente avea provvidamente al tempo estivo, 208. con gran fatica, e le gallerie 209. e le riserve di cibo che con fatica indefessa 210. le infaticabili formiche in gara tra loro hanno 211. raccolto con previdenza in un punto; così d'alto piombando, dall'utero tonante 212. nella stagione estiva; così, piombando dall'alto, 213. dalla bocca del vulcano e dopo essere stata 214. scagliata in alto verso il cielo, di ceneri e di pomici e di sassi notte e ruina, infusa 215. un turbine che copre il sole 216. fatto di cenere, pomice e sasso, 217. mescolata di ruscelli o pel montano fianco furiosa tra l'erba 218. di colate laviche 219. o un'immensa piena 220. che scende furiosa tra l'erba, e di metalli e d'infocata arena scendendo immensa piena, 221. fatta di massi liquefatti e di metalli fusi 222. e di terra infuocata 223. sconvolse distrusse e ricoprì lido aspergea, confuse e infranse e ricoperse 224. in pochi attimi 225. le città che il mare bagnava 226. sull'ultima spiaggia ; così ora su quelle città la capra, e città nove sorgon dall'altra banda, a cui sgabello 227. pascola una capra, e nuove città 228. sorgono all'esterno della colata, a cui fanno 229. da sgabello le città sepolte, e l'erto monte l'arduo monte al suo piè quasi calpesta. Non ha natura al seme 230. quasi calpesta con il suo piede le mura crollate. 231. La natura non ha per il genere umano 232. più stima o cura che alla formica: e se più rara in quello che nell'altra è la strage, 233. che per le formiche: e se la strage 234. é più rara tra quelli che tra queste, 235. ciò avviene d'altra parte solo perché fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde. 236. le sue generazioni sono meno feconde. anni varcàr poi che spariro, oppressi dall'ignea forza, i popolati seggi, 237. Sono passati ben mille e ottocento 238. anni da quando scomparirono, schiacciati 239. dalla forza della lava, le affollate città ai vigneti, che a stento in questi campi nutre la morta zolla e incenerita, 240. e il contadino al lavoro 241. nei vigneti, che la zolla morta ed incenerita, 242. nutre a fatica in questi campi sospettoso alla vetta fatal, che nulla mai fatta più mite 243. leva tuttora lo sguardo 244. sospettoso al vulcano 245. portatore di morte, che per nulla resa più mite, a lui strage ed ai figli ed agli averi lor poverelli. E spesso 246. ancor si siede orrendo, ancora minaccia 247. una strage al contadino, ai suoi figli 248. e ai loro miseri averi. E spesso dell'ostel villereccio, alla vagante aura giacendo tutta notte insonne, 249. il poverello sul tetto 250. della sua rustica casa, restando sveglio 251. insonne tutta la notte all'aperto, del temuto bollor, che si riversa dall'inesausto grembo 252. e sobbalzando molte volte, osserva ansioso 253. il procedere del temuto ribollire, che cola 254. dall'inesausta fornace di Capri la marina e di Napoli il porto e Mergellina. 255. sul crinale di roccia, a cui splende 256. la marina di Capri 257. e il porto di Napoli e il quartiere Mergellina. del domestico pozzo ode mai l'acqua fervendo gorgogliar, desta i figliuoli, 258. E se lo vede avvicinarsi, o se sente 259. per caso sente gorgogliar in fermento 260. nel profondo del pozzo di casa, sveglia i figli di lor cose rapir posson, fuggendo, vede lontano l'usato 261. e la moglie in fretta, e subito via, 262. con quanto delle loro cose possono raccattare, 263. e, in fuga, vede da lontano la cara che gli fu dalla fame unico schermo, preda al flutto rovente 264. e quotidiana abitazione, e il modesto campo, 265. che fu per lui unica difesa alla fame, 266. preda della colata incandescente durabilmente sovra quei si spiega. Torna al celeste raggio 267. che giunge con mille crepitii, e inesorabile 268. si stende per sempre sopra quelli. 269. Ai raggi del sole torna Pompei, come sepolto scheletro, cui di terra 270. dopo un oblio secolare, l'estinta 271. Pompei, come uno scheletro 272. sepolto, che dalla terra viene all'aperto e dal deserto foro diritto infra le file 273. per desiderio di ricchezza o pietà umana ; 274. e dalla piazza deserta 275. dritto in mezzo alle fila lunge contempla il bipartito giogo e la cresta fumante, 276. dei colonnati diroccati il pellegrino 277. contempla da lontano il Vesuvio 278. e il monte Somma, e la cresta che fuma 95. che alla sparsa ruina ancor minaccia. e nell'orror della secreta notte per li vacui teatri, per li templi deformi e per le rotte 279. che ancora minaccia la città distrutta. 280. E nello scenario orrorifico della notte più 281. oscura, per teatri abbandonati 282. e templi crollati e le case devastate,
96. Case, ove i parti il pipistrello asconde, Come sinistra face 283. dove é solito partorire il pipistrello 284. come una fiaccola misteriosa corre il baglior della funerea lava, che di lontan per l'ombre 285. che vaghi cupa per palazzi vuoti, 286. corre la colata della lava assassina, 287. che da lontano in mezzo all'ombra Così, dell'uomo ignara e dell'etadi ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno 288. manda rossi bagliori, e si riflette all'intorno. 289. Così, la natura, del tutto indifferente dell'uomo 290. e delle ere che questo chiama antiche, sta natura ognor verde, anzi procede per sì lungo cammino, 291. e del corso delle generazioni umane 292. rimane sempre giovane e vitale, ed anzi scorre 293. per un cammino così lungo da parer passan genti e linguaggi: ella nol vede: e l'uom d'eternità s'arroga il vanto. 294. immobile. Nel frattempo, crollano i governi, 295. passano le genti e le culture: ella non se ne 296. accorge: e l'uomo pretende il diritto all'eternità. che di selve odorate queste campagne dispogliate adorni, 297. E tu, docile ginestra, 298. che adorni con cespugli odorosi 299. queste campagne desertificate soccomberai del sotterraneo foco, che ritornando al loco 300. anche tu presto soccomberai alla potenza 301. crudele della lava in eruzione, 302. che ritornando ai luoghi su tue molli foreste. E piegherai sotto il fascio mortal non renitente 303. già colpiti, stenderà sui tuoi molti rami 304. il suo duro e acre lembo di rocce. E piegherai 305. sotto la colata mortale il tuo fusto innocente 104. il tuo capo innocente: ma non piegato insino allora indarno codardamente supplicando innanzi 306. senza opporre resistenza: 307. ma il tuo capo non é stato piegato 308. fino a quel momento, con suppliche inutili con forsennato orgoglio inver le stelle, nè sul deserto, dove 309. e codarde al futuro oppressore; e il tuo capo 310. non si é eretto con orgoglio folle contro 311. le stelle, né sul deserto, dove hai avuto non per voler ma per fortuna avesti; ma più saggia, ma tanto 312. il luogo di nascita e di residenza 313. non per scelta ma per gioco del caso; 314. ma più saggia, e tanto meno debole ed insensata 107. meno inferma dell'uom, quanto le frali tue stirpi non credesti o dal fato o da te fatte immortali. 315. dell'uomo, poiché non hai mai creduto 316. che la tua specie fosse stata resa immortale 317. o dal destino o da te stessa. |
Diario della composizione
dal 3 gennaio al 3 febbraio 2016
1. LA GINESTRA
Raccontare per immagini La Ginestra, o fiore del deserto, é un
omaggio
a Giacomo Leopardi,
un obbligo per un artista che viva a Pompei sotto
"...l'arida schiena/Del formidabil
monte/Sterminator Vesevo,/..."
a pochi chilometri dal luogo dove il Canto é stato composto,
il Canto.
Oltre, nessuno si é spinto, perché
"Qui mira e qui ti specchia,/Secol superbo e sciocco,/...".
Armellin, Leopardi
2. Ho trovato negli Scavi di Pompei e precisamente nella mostra alla
Palestra Grande, le atmosfere perfette, giuste, esatte, miracolose,
per iniziare a pensare per immagini
La Ginestra di Leopardi. Moregine é un mistero a cielo aperto.
Stefano Armellin, Pompei, 6 gennaio 2016
3. "La Natura, secondo la profonda concezione di Leopardi, é il
nostro peggior nemico; di
fronte a essa, l'unico strumento che abbiamo nelle nostre mani é
quello di essere gentili gli
uni con gli altri. Il fiore del deserto, comunque, é più saggio e
meno infermo di quanto
siamo noi, con tutte le nostre illusioni di immortalità. Qui la
purezza dello stile entra in
campo a sostituire non la consolazione dell'infinito, ma la nostra
mancanza di coraggio nel
prenderci risolutamente sulle spalle il fardello della nostra
condizione umana".
Harold Bloom
4. Approfondimenti sul testo clicca qui
5. Metodo : La Ginestra è composta da 317 versi, è la maggiore lirica di Leopardi. Con una licenza poetica ardita, ma Dante sarebbe d’accordo, la divido in terzine per inserire poi una nuova immagine ad ogni terzina.
4. Approfondimenti sul testo clicca qui
5. Metodo : La Ginestra è composta da 317 versi, è la maggiore lirica di Leopardi. Con una licenza poetica ardita, ma Dante sarebbe d’accordo, la divido in terzine per inserire poi una nuova immagine ad ogni terzina.
Perciò servono 105 immagini espressive come La Ginestra,
altrimenti l’intreccio risulta stonato. Va detto che Leopardi è il maggiore
poeta lirico italiano dai tempi del Petrarca, questo vuol dire che, Foscolo a
parte, D’Annunzio, Ungaretti, Campana, Quasimodo, Saba, Zanzotto, Luzi, Pasolini, restano al di sotto
il livello raggiunto dalla Ginestra. Ma dopo Leopardi viene Montale.
“La vera poesia è simile
a certi quadri di cui si ignora il proprietario e che solo qualche iniziato
conosce. Comunque la poesia non vive solo nei libri o nelle antologie
scolastiche. Il poeta ignora e spesso
ignorerà sempre il suo vero destinatario”. Eugenio Montale 1896-1981
In questa Ginestra fotografica il destinatario, come per il mio
Poema visivo del XXI secolo, è il pubblico del Mondo. Lo stesso per La Figlia
del Vesuvio che termina citando in video la Ginestra recitata dal giovane
attore che interpreta Leopardi che scrisse il Canto nel 1836, un anno prima
della sua morte.
Mancavano le immagini a questo testamento poetico, il
pubblico del Mondo mi dirà se sono riuscito in questa impresa.
6. Sono stato critico sulla mostra di cadaveri pompeiani all'anfiteatro, ma oggi queste immagini mi permettono di raccontare un concetto leopardiano nella Ginestra, già espresso nello Zibaldone, quando Leopardi scrive :"...E lo stesso conoscere l'irreparabile vanità e falsità di ogni bello e di ogni grande é una certa bellezza e grandezza che riempie l'anima, quando questa conoscenza si trova nelle opere di genio....". Stefano Armellin, Pompei 8 gennaio 2016
7. La Ginestra é il cantore é Leopardi, testamento perfetto lirica universale. Ginestra, Vesuvio, Pompei. Dove il sé sono tutti i popoli, il Vesuvio tutti i vulcani, Pompei tutte le città. La forza della natura domina e stravolge e con questa forza Leopardi si confronta. Severino lo scrive così : " Lo stare davanti al vulcano, non vedendo altro che la potenza devastante del vulcano, questo stare davanti al vulcano é lo stare del fiore-cantore: allora é profumo, é consolazione.
Nella Ginestra, il monte sterminatore ha ai suoi piedi le città distrutte : Pompei é chiamata "scheletro", viene alla luce lo scheletro di Pompei.
Quindi la situazione del fiore del deserto non é semplicemente quella dell'attualità in cui l'uomo si trova di fronte alla minaccia radicale del nulla, ma guarda al futuro, perché tutte le città, le grandi epoche, giacciono distrutte ai piedi del vulcano". Infine "...il rifugio della poesia si ricollega al senso originario della festa : la pazzia".
Perciò chi vede di più la condizione dell'esistenza umana é chi sta ai margini, sono coloro considerati pazzi dai "savi". Stefano Armellin, Pompei 8 gennaio 2016
8. E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce. Giovanni, III, 19.
La Ginestra inizia con questa citazione dal Vangelo di Giovanni, il Vangelo più spirituale e il maggiore dei quattro Vangeli, l'ultimo ad essere stato scritto in ordine di tempo.
Giovanni per alcuni studiosi é l'autore della rivelazione-apocalisse, e Apostolo di Gesù per eccellenza.
Leopardi, scegliendo un passo di Giovanni invita il lettore allo studio degli scritti dell'opera giovannea, ci sono anche le lettere, per entrare nel mistero profondo del senso della vita di Gesù.
Perciò tutta La Ginestra é incorniciata dal Vangelo di Giovanni, complessità chiama complessità. Leopardi, allora, per questa straordinaria meditazione poetica sulla condizione umana di ieri di oggi e di domani, si affida a San Giovanni.
9. Più entro nell'Anima della Ginestra maggiore diventa la consapevolezza di un rapporto esclusivo fra me e Leopardi. Siamo ora una cordata poetica diretta verso il cratere del Vesuvio, cratere che stiamo raggiungendo salendo dall'interno verso l'esterno.
Ho come l'impressione che tutto l'universo e l'umanità intera sia in attesa di questo nostro annuncio che per sua natura non può essere né inferiore né diverso nei contenuti dal Giudizio divino imminente che giungerà per tutti i popoli che sono vivi e per tutti i popoli che sono morti.
La storia della salvezza sta raggiungendo il suo traguardo.
Stefano Armellin, Pompei, sabato 23 gennaio 2016
11. La Figlia del Vesuvio clicca qui termina annunciando La Ginestra che termina annunciando il Vesuvio clicca qui
7. La Ginestra é il cantore é Leopardi, testamento perfetto lirica universale. Ginestra, Vesuvio, Pompei. Dove il sé sono tutti i popoli, il Vesuvio tutti i vulcani, Pompei tutte le città. La forza della natura domina e stravolge e con questa forza Leopardi si confronta. Severino lo scrive così : " Lo stare davanti al vulcano, non vedendo altro che la potenza devastante del vulcano, questo stare davanti al vulcano é lo stare del fiore-cantore: allora é profumo, é consolazione.
Nella Ginestra, il monte sterminatore ha ai suoi piedi le città distrutte : Pompei é chiamata "scheletro", viene alla luce lo scheletro di Pompei.
Quindi la situazione del fiore del deserto non é semplicemente quella dell'attualità in cui l'uomo si trova di fronte alla minaccia radicale del nulla, ma guarda al futuro, perché tutte le città, le grandi epoche, giacciono distrutte ai piedi del vulcano". Infine "...il rifugio della poesia si ricollega al senso originario della festa : la pazzia".
Perciò chi vede di più la condizione dell'esistenza umana é chi sta ai margini, sono coloro considerati pazzi dai "savi". Stefano Armellin, Pompei 8 gennaio 2016
8. E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce. Giovanni, III, 19.
La Ginestra inizia con questa citazione dal Vangelo di Giovanni, il Vangelo più spirituale e il maggiore dei quattro Vangeli, l'ultimo ad essere stato scritto in ordine di tempo.
Giovanni per alcuni studiosi é l'autore della rivelazione-apocalisse, e Apostolo di Gesù per eccellenza.
Leopardi, scegliendo un passo di Giovanni invita il lettore allo studio degli scritti dell'opera giovannea, ci sono anche le lettere, per entrare nel mistero profondo del senso della vita di Gesù.
Perciò tutta La Ginestra é incorniciata dal Vangelo di Giovanni, complessità chiama complessità. Leopardi, allora, per questa straordinaria meditazione poetica sulla condizione umana di ieri di oggi e di domani, si affida a San Giovanni.
9. Più entro nell'Anima della Ginestra maggiore diventa la consapevolezza di un rapporto esclusivo fra me e Leopardi. Siamo ora una cordata poetica diretta verso il cratere del Vesuvio, cratere che stiamo raggiungendo salendo dall'interno verso l'esterno.
Ho come l'impressione che tutto l'universo e l'umanità intera sia in attesa di questo nostro annuncio che per sua natura non può essere né inferiore né diverso nei contenuti dal Giudizio divino imminente che giungerà per tutti i popoli che sono vivi e per tutti i popoli che sono morti.
La storia della salvezza sta raggiungendo il suo traguardo.
Stefano Armellin, Pompei, sabato 23 gennaio 2016
10. Emanuele Severino pensa Leopardi :
11. La Figlia del Vesuvio clicca qui termina annunciando La Ginestra che termina annunciando il Vesuvio clicca qui
Pompei, Mercoledì 3
febbraio 2016
Documenti :
Al Sovrintendente degli
Scavi di Pompei Prof. Massimo Osanna
Al Direttore Generale del
Grande Progetto Pompei Generale Giovanni
Nistri – Generale Luigi Curatoli
Oggetto : Nuova comunicazione degli Scavi di Pompei
Con la presente rendo noto
che ho terminato on line su https://armellin.blogspot.com un lavoro creativo innovativo anche per gli
Scavi di Pompei, si tratta infatti dell’interpretazione fotografica de La Ginestra
di Giacomo Leopardi, scritta un anno prima della morte, 1837, a Villa delle
Ginestre. Il testo oltre ad essere un capolavoro assoluto è assai attuale.
Le immagini che ho
selezionato tutte dallo scrivente realizzate, rendono giustizia ai lavori in
corso del Grande Progetto Pompei, e presentano al tempo stesso una nuova
immagine sia degli Scavi sia dell’Arte contemporanea italiana.
Questo risultato unico nel
suo genere, merita a mio avviso d’essere segnalato al Ministro Dario
Franceschini in modo che si possa trovare l’intesa per presentare al pubblico
nei migliori dei modi questo prodotto artistico. L’ideale sarebbe attivare una
collaborazione con Rai Educational.
Inoltre, suggerisco di
pensare ad un laboratorio permanente negli Scavi, per gli studenti del Liceo
Artistico Pascal di Pompei, come modello pedagogico internazionale per tutelare
il bene degli Scavi con una specifica didattica. Un modello pedagogico che può
fare scuola nel mondo ed essere esteso ad altri istituti insieme ad uno studio
ragionato per l’occupazione a tempo indeterminato dei neo-archeologi.
Certo di un Vostro riscontro
Pace e Gioia
Prof. Stefano Armellin
Presidente della Fondazione The
Opera
Ringrazio il Generale Giovanni Nistri per la cortese risposta che ho ricevuto. SA 08/02/2016
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Perciò il parametro di riferimento per tutti i sindaci é quello anagrafico, più i residenti aumentano e più diminuisce la sicurezza ; più i residenti calano e maggiore diventa la sicurezza della zona a rischio eruzione.
Oggi la criticità é data dalla mancanza di una comunicazione adeguata e costante, manca una didattica della fuga. Ho proposto al Comune di Scafati il Vesuvio Art Festival proprio con l'obiettivo di comunicare meglio alla popolazione il rischio Vesuvio.
Certamente la fuga perfetta da una zona pericolosa é sempre il trasloco. Stefano Armellin
Ringrazio il Generale Giovanni Nistri per la cortese risposta che ho ricevuto. SA 08/02/2016
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LA FUGA IMPOSSIBILE ?
Nota sulla sicurezza della zona : da nove anni (il 23/07/2016) sono residente a Pompei, tutta la zona vesuviana é a rischio eruzione, il margine di sicurezza é determinato dalla capacità della popolazione di muoversi in una zona sicura.
Nota sulla sicurezza della zona : da nove anni (il 23/07/2016) sono residente a Pompei, tutta la zona vesuviana é a rischio eruzione, il margine di sicurezza é determinato dalla capacità della popolazione di muoversi in una zona sicura.
Ora, le vie di fuga sono tanto più percorribili tanto meno ci sono residenti in zona.
Oggi la criticità é data dalla mancanza di una comunicazione adeguata e costante, manca una didattica della fuga. Ho proposto al Comune di Scafati il Vesuvio Art Festival proprio con l'obiettivo di comunicare meglio alla popolazione il rischio Vesuvio.
Certamente la fuga perfetta da una zona pericolosa é sempre il trasloco. Stefano Armellin
Non siamo rimasti al Futurismo
GINESTRA POMPEI VESUVIO
CON GIACOMO LEOPARDI
MUSEO D'IMPRESA POMPEI
DAL 7 AL 15 GIUGNO 2024
Su Facebook il trailer della mostra nelle pagine:
Stefano Armellin
Stefano Armellin per Pompei Cultura
Pompeii in The World of Stefano Armellin
Stefano Armellin The Opera
INVITO
VESUVIO Da 80 anni è in stato di quiescenza a causa della totale ostruzione del camino vulcanico. (?)
Furono inserite tutte le eruzioni conosciute nell' algoritmo, fino al XVIII secolo.
Il programma calcoló poi con estrema precisione tutte le eruzioni successive, non prevedendo solamente quella del 1929 e sbagliando di 2 anni quella del 1906.
La cosa curiosa è che calcoló il lungo sonno del vulcano dal 1944 e predisse la successiva eruzione esattamente 80 anni dopo: 2024. (Cit. da Quora)