Stefano Armellin con il pezzo 1007 di 2013
del Poema visivo del XXI secolo : IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013
Titolo : Il Secondo Avvento.
I desideri umani, di Padre Felice Artuso
L'uomo brama appagare una varietà di bisogni fisici e spirituali. Ambisce conseguire mete sempre più alte, più prestigiose e più fascinose. Desidera valicare i limiti dell’incompletezza, vincere la sofferenza quotidiana, sentirsi molto stimato, usufruire di belle sensazioni, vedere il trionfo della bontà, dimorare stabilmente presso Dio e arrivare alla pienezza della vita.
Impegna tutte le sue facoltà, per rinnovarsi, elevarsi, perfezionarsi ed accedere ai beni imperituri. Raggiunge i propri obiettivi, entrando nel dinamismo dell’amore genuino e respingendo le soluzioni magiche o le pretese miracolistiche.
Nella storia della spiritualità cristiana innumerevoli persone, desiderose di oltrepassare la scomoda limitatezza, scoprirono che Gesù è fonte di vita inesauribile, fuoco di carità ardente e Maestro che guida con sicurezza verso Dio (Gv 19,14; 1 Cor 10,4). Coscienti della loro bassezza spirituale, si aprirono incessantemente a Lui, elargitore di ogni bene.
Ascoltarono con attenzione la sua Parola e permisero che essa risuonasse nel loro intimo. Si dedicarono quindi all’apostolato, comunicarono ai fratelli l'acqua viva attinta dalla loro unione con il Signore e dalle loro esperienze interiori.
Evochiamo degli esempi significativi e concreti. I martiri si preoccupavano di testimoniare la loro Fede nel Signore, di incontrarsi con Lui, di vederlo e di gustare incessantemente la beatitudine della sua presenza.
Accettarono quindi la condanna della morte cruenta. I Padri della Chiesa anelavano annunciare e difendere la verità evangelica. Impiegavano tutte le loro energie e loro risorse per comunicare agli altri la fede nel Signore. Gli asceti aspiravano crescere nella carità, perché nessuno si perdesse per colpa loro.
San Paolo della Croce esternava la sua brama di comunione con il Signore, scrivendo a suor Cherubina Bresciani: «Vorrei che venisse in noi tanto fuoco di carità. Fino a bruciare non solo chi ci passa vicino, ma anche i Popoli lontani, le lingue, le nazioni, le tribù, ed in una parola tutte le creature, acciò tutte conoscessero ed amassero il Sommo Bene» .
Dava quindi ad una suora questo consiglio: «Parli poco con tutti, stia nella cella del suo cuore solitaria. Collo Sposo Divino…; bevete figlia mia a sazietà al fonte perenne del Cuore di Gesù; domandategli spesso da bere: Mio Gesù la povera Cherubina ha sete, per carità un po' da bere: …mio Sposo, ho sete, oh, quanta sete! Ubriacatemi d'amore! Amen»
L’interpretazione della sete di Gesù :
I Padri della Chiesa sconfiggono le dottrine eretiche, difendendo la natura divina e umana di Gesù. Insegnano che Egli aveva davvero conosciuto la sete fisica. Ammettono parimenti che egli desiderava immolarsi e bramava rinnovare l’umanità mediante l’effusione del suo Santo Spirito.
Superato il pericolo delle grandi eresie, i teologi medievali indagano maggiormente sulla sete spirituale di Gesù. Asseriscono che egli durante lo svolgimento del ministero pubblico anelava dissetare gli uomini con il suo annuncio evangelico.
Si attendeva inoltre che essi lo dissetassero, accogliendo il suo messaggio d'amore e di salvezza. Gli esegeti odierni rilevano i due aspetti della sete di Gesù. Riconoscono che il suo corpo, appeso alla Croce, bruciava per la perdita dei liquidi.
Sostengono che nel grido "ho sete" egli attendeva anche il momento della sua completa immolazione, che gli permetteva di donare agli uomini il suo Spirito, sorgente di vita perenne...
Infatti, presso il pozzo di Sicar aveva chiesto alla Samaritana di dargli da bere. Avviato poi un breve dialogo con lei, le suscitava il desiderio di attingere da Lui un’acqua viva, limpida, dissetante e salutare: «Chi beve l'acqua che io darò, non avrà mai sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14).
A Gerusalemme Gesù aveva partecipato alla festa popolare dei Tabernacoli, in cui i sacerdoti e i leviti, accompagnati da moltissima folla, andavano in processione alla sorgente di Siloe, attingevano dell'acqua e la portavano nel tempio. Approfittando di questa circostanza, egli si era proclamato il dispensatore di un'acqua pura, dissetante, vivificante e trasformante.
Esortava quindi la gente a rivolgersi a Lui, a lasciarsi abbeverare dal suo Santo Spirito, per estinguere ogni anelito personale e per divenire a loro volta sorgente di vita: «Chi ha sete venga a me e beva; come dice la Scrittura: fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Gv 7,37).
Nessuno aveva badato al senso delle sue parole profetiche.
L'evangelista ne ha compreso il significato dopo l’evento pasquale. Pertanto vi appone il suo commento: «Questo egli disse, riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in Lui: infatti, non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora glorificato» (Gv 7,39).
Risalito a Gerusalemme per la festa di Pasqua, Gesù confidava ai suoi discepoli: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49).
Esprimeva cosi il desiderio di comunicare agli uomini il suo Spirito, perché essi ardessero di vero amore. Il che avverrà, quando passerà da questa vita a quella divina .
Padre Felice Artuso
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