sabato 15 gennaio 2011

1021 di 2013 ; La Mistica

Stefano Armellin con il pezzo 1021 di 2013 
del Poema visivo del XXI secolo:
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo : La mistica.L’esperienza dei mistici e dei sofferenti, di Padre Felice Artuso



Nel proprio cammino spirituale i mistici conoscono una lancinante sofferenza, che rassomiglia a quella di Gesù crocifisso. 

Si sentono pressati dall’amoroso anelito di espiare i peccati degli uomini e nei loro impegni ascetici hanno la sensazione che Dio li trascuri, li rigetti, li punisca e li abbandoni alla dannazione eterna. 

Riflettendo la sua esperienza di asceta e di direzione spirituale, San Giovanni della Croce sostiene che il pensiero dell'abbandono di Dio affligge le persone fino al punto di sfiorare la disperazione. 

Scrive: «In tal modo Cristo rimase annichilito e ridotto quasi nel nulla. Il Signore ha compiuto ciò perché la persona spirituale, per unirsi con Dio, intenda il mistero della porta e della vita di Cristo e sappia che quanto più ella si annienterà per Dio, secondo la parte sensitiva e quella spirituale, tanto maggiore con Lui raggiungerà e tanto maggiore sarà la sua opera. E quando ella si sarà ridotta al niente, avrà cioè raggiunto il massimo di umiltà, allora si compirà l’unione spirituale fra l’anima e Dio, unione che costituisce il più grande e più alto stato a cui possa pervenire in questa vita» .
San Paolo della Croce percorre idealmente la via del Golgota. Si conforma ai sentimenti di Cristo crocifisso. Immerso nell’oscurità interiore, prova una grande tormento e confida il suo stato d’animo alle persone, desiderose di compiere lo stesso cammino: «Lei dice che per me vi sono buone nuove e che le mie cose vanno bene, e questo è falsissimo, perché io sono nell'abisso dei mali e nel tremendo abbandono, ed in tutto ciò che la mia lingua non sa esprimere» . 

«Il mio infelicissimo stato è poco meno infelice di quello dei dannati, perché provo in verità un vero abbandono di Dio, e non mi resta altro se non che un piccolo lumino di speranza, ma piccolo bene, che ancora non mi pare spento, se no sarei affatto perduto» .

«Fortunato è quel cuore che sta in Croce abbandonato nelle braccia dell'Amato e brucia sol di sant'Amore» ;

«Ho ricevuto la sua lettera;… le rispondo che il vero amore si esercita su la Croce dell'Amato Bene Cristo Gesù; ed il modo di arricchirsi di grazie in mezzo alle pene interne ed esterne si è il cibarsi della Divina Volontà.

Gran punto è questo: è gran perfezione il rassegnarsi in tutto al divino volere; maggiore perfezione è il vivere abbandonata, con grande indifferenza, nel Divino Beneplacito; massima, altissima perfezione è il cibarsi in puro spirito di fede e d'amore della Divina Volontà» .

Sant'Alfonso Maria De’ Liguori, un gigante della vita spirituale, esorta i cristiani a seguire l’esempio di Gesù. Insegna particolarmente ai tribolati ad abbandonarsi sempre all'amore di Dio, perché è certo che egli mette lo zucchero nelle croci quotidiane. 

Santa Teresa di Liseux, ammalata e morente dichiara alle consorelle: «Non avrei mai creduto che fosse possibile così tanto!» soffrire, per rimanere unita all'amore di Dio . Allude alla tentazione di suicidarsi, per eliminare i dolori fisici e l’impressione di aver fallito nelle sue scelte. Abbandonatasi nelle mani di Dio, supera la tentazione e prima di emettere l’ultimo respiro, dice: «Mio Dio… io ti amo» .

Imbattendosi in sofferenze fisiche, morali e sociali, molti nostri contemporanei hanno l'impressione di essere abbandonati da Dio. In modo implicito o esplicito ripetono lo stesso grido di Gesù crocifisso: Dio mio, Dio mio, perché mi ha abbandonato? Gli chiedono quindi la ragione del suo estenuante silenzio e della sua apparente inerzia. 

Gli dicono più o meno queste personali parole: Io mi sono affidato a te, ti ho invocato, ma tu non mi hai risposto. Aspetto che tu intervenga e mi spieghi qualcosa sulle mie afflizioni, sui miei dolori e sulle mie preoccupazioni. Ho urgente bisogno di costatare che tu sei presente alla mia vita, mi circondi di amore, mi difendi e mi prepari alla gloria eterna.

Dibattiamo spesso anche noi sulla ragione delle nostre divaricate e complicate sofferenze. Cerchiamo di conoscerne l’oscura origine e l’immediata soluzione. Poniamo così a Dio tanti interrogativi sulla provenienza delle nostre afflizioni e sul modo per uscirne al più presto. 

Gli domandiamo particolarmente: Perché rimani assente a me? Perché non mi soccorri? Perché non mi liberi dalle mie preoccupazioni? Perché mi abbandoni al dolore? Perché mi induci a dubitare sulla tua incommensurabile bontà? Perché non riesco a comprendere come tu agisci nella tua infinita trascendenza? Perché devo credere che tu sei premuroso verso di me, mentre non ricevo rassicuranti segni della tua vicinanza a me?

Non allarmiamoci, quando siamo assillati dalle sventure, né pretendiamo di insegnare a Dio sul come e sul momento più idoneo dei suoi giusti interventi. 


Riconosciamo che egli non affligge nessuno, né ignora coloro che lo invocano con fiducia (Is 41,17). Noi lo abbandoniamo sovente e con molta disinvoltura, mentre lui invece non ci abbandona mai. 

Più intimo del nostro intimo, egli sta con noi e ci conosce perfettamente (Mt 10,30-31). 

Sensibile alle nostre sofferenze, elargisce a noi tutto quello che è in suo potere, per farci crescere nelle virtù e prepararci alla vita eterna.

Nell’attenta preghiera impariamo poi a conoscerci e a superare le nostre incertezze. Applicando le norme liturgiche del rito romano, recitiamo il salmo 22 all’Ora Media d'ogni venerdì della terza settimana. 


Non ci sfugga che tramite questa supplica di lode e di ringraziamento, rievochiamo la passione di Gesù e le sofferenze d'ogni uomo. Ci poniamo inoltre la domanda sul perché dell’immenso dolore umano. 

Scopriamo quindi che esso scaturisce dal peccato e che siamo invitati ad evitarlo, per non cadere in esperienze peggiori.

Padre Felice Artuso

"Piero della Francesca, affronta per la prima volta questioni che verranno sviluppate dalla ricerca successiva, che verranno poi assorbite e trasformate da Signorelli, Perugino, Raffaello...un po' come Cézanne rispetto al Cubismo, e cioé come un grande anticipatore...". Vittorio Sgarbi