"Rilievi, sculture e pitture e disegni sono le espressioni figurative dell'arte più antica dell'umanità e risalgono alle glaciazioni del Neopaleolitico 35.000 - 10.000 anni fa. Hafuer
San Pier Damiani (1007-1072) b
Padre Felice Artuso
Povero, penitente e asceta, Pietro è consapevole di essere un eremita peccatore in cammino verso la patria celeste.
Si affligge, pensando che vive distaccato da Gesù umiliato ed esaltato.
Guarda a Lui con ardente amore e dichiara che anela unirsi alle sue sofferenze e alla sua gloria.
Ne abbiamo una chiara testimonianza da queste preghiere, che ha composto: «Ti vedo appeso alla Croce, o mio Redentore, con gli occhi del mio cuore, ti vedo ferito da nuove piaghe.
Quando tu verrai per il Giudizio… possa io trovarmi tra i segnati con queste stimmate, affinché, configurato al Crocifisso, io meriti di essergli unito nella gloria di risurrezione»;
«Tu, o Signore, con le cinque ferite del tuo sacratissimo corpo hai guarito tutte le nostre ferite che ci hanno inflitto i cinque sensi del nostro corpo. Tu ti sei fatto vittima di soavità per il Padre e prezzo di redenzione per noi. Adoro, Signore, la tua croce, adoro la tua morte vivifica» .
Scrive sulla sofferenza, usando espressioni, che hanno un autentico spessore teologico.
Eccole: «La Croce è l’accordo delle Scritture e, per così dire, il confine e la confluenza delle cose vecchie e nuove.
La Croce congiunge ciò che è del cielo e ciò che è della terra…
La Croce è la morte dei vizi e la fonte e la vita di tutte le virtù.
La Croce è il viottolo che prende chi s’avvia alla perfezione…
La Croce è il donativo per le reclute, la forza per chi combatte, il municipio per i veterani.
La Croce è per i coraggiosi l’ardimento, per chi vacilla la guarigione, per i vittoriosi la corona.
La Croce impone una morte momentanea e dà in cambio la vita eterna.
La Croce ci spoglia dei beni terreni per arricchirci di quelli celesti, ci insegna a soffrire la fame per poterci saziare, esige l’umiltà per esaltarci, si serve della pazienza per incoronarci.
La Croce è la regola di chi vive in Cristo, la norma esplicita della giustizia, la disciplina per tutti i retti costumi.
La Croce spaventa e mette in fuga il diavolo, invita gli angeli a venire da noi. …
La Croce infine ristora chi è stanco, dà forza agli infermi, conforta le incertezze nascoste della mente disperata» .
Avendo riscosso un’alta stima, il papa Stefano IX lo consacra vescovo di Ostia e gli impone il cappello cardinalizio.
Per dieci anni svolge il ministero episcopale, annuncia la lieta notizia e si dedica al risanamento della gerarchia ecclesiastica.
Si ritira poi nel suo eremo, ma il Papa lo elegge delegato pontificio in Germania, in Francia e in Italia.
Egli preferirebbe il ritiro, tuttavia obbedisce al pontefice.
Negli incontri diplomatici scioglie i dissidi vigenti e rafforza l’unità della Chiesa.
Ritornato nell’eremo di Fonte Avellana, si ammala e muore.
Con il suo insegnamento rinvigorisce i Camaldolesi e consolida la Fede dei cristiani .
Padre Felice Artuso