lunedì 4 agosto 2008

122 di 2013 ; Dopo la fine

Stefano Armellin con il pezzo 122 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013 



Titolo : Dopo la fine "All'epoca dell'universale ristorazione quando il vero medico, il Cristo Gesù, verrà per guarire il corpo della Chiesa, oggi diviso e dilaniato, ciascuno riprenderà il suo posto, e tornerà ad essere ciò che fu in origine...l'Angelo Apostata tornerà al suo primo stato e l'uomo rientrerà nel Paradiso dal quale fu sbandito". San Girolamo



2. Le tattiche di Pilato per liberare Gesù di Padre Felice Artuso

Insoddisfatto dal primo esito del processo, Pilato potrebbe chiudere l’interrogatorio. 

Decide invece di proseguire il processo, per giungere ad un accettabile accordo. 

Si appella pertanto al giudizio della folla, che non ha un’opinione esatta sul comportamento e sulle rivendicazioni di Gesù. Offre ad essa la possibilità di liberare Gesù dalla morte e di condannare Barabba al patibolo. Ottiene tuttavia un consenso contrapposto alle sue intime aspettative, perché la gente reclama la liberazione di Barabba, sovversivo e criminale politico (Mt 27,15-17).
 
Per non infliggere la crocifissione a Gesù, Pilato sceglie da ultimo la via della compassione. 

Sottopone Gesà alla flagellazione e poi lo mostra alla folla, dicendo: «Ecco l'uomo» (Gv 19,5), di cui «non trovo ... nessuna colpa» (Gv 19,4). Guardate com'è stato lacerato il suo corpo! Passerà alquanto tempo prima che egli ottenga la guarigione dalle profonde e molteplici ferite. 

Ha ricevuto una severa e mortificante lezione. 

Se è stato un astuto imbroglione, non recherà più fastidio a voi. Concedetegli la libertà e risparmiategli la terribile tortura della crocifissione (Gv 19,6). Sono certo che non si considererà più un arrogante privilegiato, né svolgerà un ruolo, a voi irritante. 

Pilato non smuove l’indifferenza della gente e l’astiosa intransigenza di alcuni capi del popolo, che cominciano ad accusarlo di negligenza giuridica e lo minacciano addirittura di ricorrere all’imperatore Tiberio, se non esegue la loro volontà di crocifiggere Gesù: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re, si mette contro Cesare» (Gv 19,12).
 
Il ricorso all'imperatore avrebbe creato difficoltà diplomatiche al prefetto, che era già stato ammonito da Tiberio a causa dei suoi soprusi in Giudea. Per conservare il potere politico, evitare lo scontro sulla capacità di difendere i valori dello Stato, scansare le possibili denunce dei nemici e le imbarazzanti giustificazioni, egli sospende la complessa discussione processuale. 

Pur non possedendo elementi probatori, ammette che Gesù è colpevole di lesa maestà, ossia riconosce che egli ha tramato contro gli interessi dell’Impero Romano. 

Spinto dalla potenza delle tenebre, condanna Gesù alla crocifissione. 

Va nelle direzione opposta alla sua coscienza e non prova sentimenti di colpa o di crepacuore, per non essere riuscito a allacciare una buona intesa con Lui. 

La sua frettolosa determinazione assume un aspetto ancor più deplorevole, perché nei casi controversi la legge romana prevedeva di attendere dei giorni prima di emanare una sentenza di morte. 

Pilato commette il più grave e il più tremendo crimine della nostra storia, imponendo subito a Gesù la pena della crocifissione. 

Padre Felice Artuso