sabato 6 settembre 2008

157 di 2013; il Mondo e la debolezza di Simon Pietro

Stefano Armellin con il pezzo 157 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013 



Titolo : Il Mondo e la debolezza di Simon Pietro "Un giorno mi venne in mente che il Mondo non si può raffigurare come nei romanzi di un tempo, per così dire dal punto di vista di un unico scrittore, il Mondo era andato in pezzi, e solo se si aveva il coraggio di mostrarlo nella sua frammentazione era ancora possibile dare di esso un'immagine veritiera". Canetti.


La debolezza di Simon Pietro di Padre Felice Artuso

L’ingenuo Pietro ha eccessiva fiducia nelle doti personali e negli obiettivi, che custodisce nel segreto del cuore.


Si crede un uomo energico, coraggioso e creativo. Si considera pronto a compiere degli atti molto eroici, per ottenere i suoi intenti. Dimentica che deve di lasciarsi condurre da Gesù, per divenire una personalità di spicco. 

Manca di moderazione, di prudenza, di umiltà e di consapevolezza dei propri limiti. Gesù sa che Pietro pecca di enorme presunzione. Chiamando due volte l’apostolo con il suo primo nome, ne sforza l’ottimismo e con solennità gli annuncia che lo rinnegherà nel corso della medesima notte: «In verità ti dico: proprio oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte» (Mc 14,30).

Gli prevede poi che Satana trascinerà nel peccato anche gli altri apostoli. Egli ha tuttavia pregato per Pietro, perché prenda coscienza della sua supervalutazione, si ravveda, ristabilisca la fedeltà, compatisca i suoi fragili fratelli e li incoraggi a riprendere il ruolo, affidato a loro, lottino contro un esasperante individualismo e siano protagonisti di relazioni più fraterne (Lc 22,31-32).
 
Pietro conserva le sue certezze. Rimane nella sua orgogliosa presunzione e nei suoi progetti. Assicura a Gesù che intende essergli fedele ad oltranza. 


Gli promette che è disposto a sacrificarsi, per difenderlo impedirgli di soffrire e di morire. Ha lasciato la famiglia, la casa, il lavoro, le abitudini e le conoscenze per stare con lui. Ora prova ripugnanza annullare tante rinunce, troncare i rapporti di fiducia e intraprendere nuove avventure. Non percepisce che conserva l’appartenenza a Gesù chi si associa alle sue debolezze e repulsioni.
 
Entrato nel Getsemani, inizia ad esternare la sua defezione interiore. 


Si lascia, infatti, sopraffare dal sonno e interrompe la preghiera, mentre Gesù gli raccomanda di vigilare e pregare (Mc14,37). 

All’arrivo della truppa sbaglia subito la tattica difensiva. Sfodera la spada, vibra un colpo sul servo Malco (Gv 18,10), ma non riesce ad ucciderlo, perché egli si scansa con sveltezza. 

Gesù disapprova il riottoso Pietro e gli ordina di rimettere immediatamente la spada nella custodia, perché i violenti moriranno travolti dalla violenza: «Rimetti la spada al suo posto, perché tutti quelli che mettono mano alla spada, periranno di spada» (Mt 26,52).
 
Pietro non si aspettava il rimprovero di Gesù. Sconcertato, non sa fare, per difenderlo e glorificare Dio. 


Oscilla un momento, poi si ritira nella solitudine, dove riflette su altre possibili iniziative. Ritrovato il discepolo, che la tradizione identifica con Giovanni, riprende a seguire Gesù. 

Tenta in qualche modo di conservare un rapporto di vicinanza e di conoscere gli sviluppi del sequestro. 

Segue Gesù con diffidenza, dissenso e lontananza mentale. Prima lo seguiva con un po’ di fede, amore, e condivisione di vedute. Stava vicino a lui con il corpo, con la mente e con l'affetto. Adesso lo segue con pieno distacco mentale. 

Si preoccupa solo di conoscere come egli si comporta con i nemici, che lo hanno ammanettato (Mc 14,54). Non è più il discepolo docile e collaboratore, bensì l’uomo precipitato in uno stato di confusione, di incertezza e di defezione.

Padre Felice Artuso