Tramite la sepoltura Gesù, che aveva assunto e condiviso i nostri limiti umani, penetra nell’oscura prigionia dei morti. Entra esanime nel dominio dell’impurità, della solitudine, dell'impotenza, del silenzio e dell’oblio. Nel giorno del suo battesimo al fiume Giordano si era immerso nel luogo più basso della superficie terrestre, per indicare che aveva programmato l’avvicinamento a tutti gli uomini, intendeva ascoltarli, abbracciarli, consolarli ed elevarli all’eccelsa santità di Dio.
Nella sepoltura si mette in rapporto con i morti che si trovano in uno stato di disordine, di decomposizione, di oscurità, di impotenza, di incoscienza, di separazione da Dio e di frattura con i viventi . Conclude negli Inferi il suo cammino d'abbassamento, d’annullamento e di sposo dell’umanità nello stato di separazione da Dio e dai viventi.
Attua gli annunci della Scrittura, che avevano parlato della provvisoria disgiunzione dell’anima dal corpo (1 Cor,15,4). Rimane con la sua divinità accanto alla materia assunta e deturpata dalla violenza umana. Osserva il riposo sabbatico, conferendovi un ampio senso profetico (Eb 4,4-10). Aspetta il momento di trasformare la sua umanità, di glorificarla, di svuotare il sepolcro, di portare a compimento un frammento della creazione e di associare a se stesso i morti, togliendo il loro temporale isolamento.
Pilato compie un atto di precauzione, che apparirà ridicolo nel giorno della risurrezione: permette che le autorità giudaiche inviino le loro guardie a porre dei sigilli alla pietra sepolcrale di Gesù e a sorvegliare l'ingresso della sua tomba, perché nessuno vi acceda e la profani (Mt 27,62-66).
Le donne galilee, che avevano seguito Gesù fino sul Golgota e vi erano rimaste durante la sua agonia mortale, osservano impettite il luogo e il modo in cui egli è seppellito da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo (Mt 27,61; Mc 15, 47).
Abbandonano verosimilmente il posto della sua sepoltura, quando le trombe del tempio segnalano il termine del venerdì e l’inizio del riposo sabbatico, in cui gli ebrei lodano con gioia Dio per la bellezza e la perfezione della sua creazione (Gn 1,2.31).
Nel provvisorio rifugio conservano un ricordo indelebile di Gesù e trascorrono le ore del riposo senza attendere che egli si rialzi glorioso.
Gli apostoli perseverano nel nascondimento e nello sgomento per l’imprevisto e l’orrido contraccolpo. Non connettono la sepoltura di Gesù alla possibilità che si risvegli come aveva predetto. Nel triste lutto evitano di riprendere e di normalizzare i rapporti che avevano intrecciato con gli altri. Solo Maria Vergine conserva la memoria degli annunci pasquali di suo Figlio. Veglia silenziosa nell’attesa che arrivi il lieto giorno in cui egli risorgerà, apportando la vittoria sul peccato e sulla morte.
Padre Felice Artuso