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Vado nella Biblioteca Civica a prendere un libro in prestito, a casa lo apro e dentro, trovo 875 mila lire. Stefano Armellin, Varazze, 19-20 giugno 1998
Il martirio è un atto di Fede e di amore di Padre Felice Artuso
Il martire compie un atto di assoluta Fede in Gesù, che ha promesso ai suoi discepoli la vittoria di Dio sui devastanti effetti del male: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per Me, la salverà» (Lc 9,24).
Affrontando i tormenti del martirio, dimostra che crede fermamente in Gesù Cristo, che brilla sopra ogni potenza avversa (2 Cor 4,10; 11,23-33); rinnova tutte le cose e associa i santi al suo trionfo (Ap 12,10ss; 21,5).
Inserito nella Chiesa, il martire palpita d’amore per Gesù e soffre con Lui le umiliazioni della morte cruenta. Sperimenta la beatitudine evangelica: «Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,10).
In tal modo attua la più alta imitazione di Gesù, la più perfetta partecipazione alle sue sofferenze, il più autentico servizio liturgico e il più convincente esempio di fedeltà all’amata persona.
Aspetta inoltre l’incontro definitivo con il Signore e confida che egli lo ammetta nella sua gloria (1 Pt 4,13; Rm 5,3; 8,17).
L’apostolo Paolo scrive, infatti, dal carcere di non temere il martirio, perché esso costituisce una lode a Dio, che tramite il Figlio unigenito apre l’accesso glorioso ai suoi amati figli: «Anche se il mio sangue deve essere versato in libagione per il sacrificio e per l’offerta della vostra Fede, sono contento, e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godete e rallegratevi con me» (Fil 2,17-18).
Confida al discepolo Timoteo: «Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede.
Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno» (2 Tm 4,6-8). Parimenti sant’Ignazio vescovo e martire, personalità eminente nella Chiesa primitiva, si considera una vera ostia d’amore per cui scrive ai membri della sua chiesa: Io «sono la vostra vittima e mi offro in sacrificio per voi Efesini» . Segue
Padre Felice Artuso