Stefano Armellin con il pezzo 99 di 2013
del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013
Titolo : Apocalisse. "...Proprio essendo profetico, l'Apocalisse é un libro scandalosamente ebraico, incomprensibile al di fuori dei suoi continui riferimenti all'antico Testamento e anche alla letteratura extra-biblica, e profondamente repellente per i palati greci.
...la visione di Giovanni é la stessa visione del figlio dell'uomo giudice escatologico che si trova in Daniele (Dn 7;10), con riferimenti anche a Ezechiele (Ez 3,12; 1,24; 43,2) e a Isaia (Is 49,2);...(e in seguito) il tema della chiamata all'ufficio profetico che si legge nei libri di Isaia (Is 6), di Geremia (Ger 1) e di Ezechiele (Ez 1-2).
Il Messia annunciato é venuto -ultimo- dopo tutti i profeti (Matteo 21,37; Eb 1,1-2) e con la sua voce e il gesto della sua mano ha chiamato i suoi apostoli ai troni di Gerusalemme (Matteo 19, 28); ma di nuovo una voce udita in estasi (Apocalisse, 1, 10) dal deportato nell'isola lontana (Apocalisse, 1,9), e più lontane visioni celesti (Apocalisse, 1, 11-16) devono chiamare ancora a profetizzare cose future.
E' scandaloso, poi, che il libro profetico del nuovo Testamento, scritto in una lingua ibridamente greca ed ebraica, appartenga al più miserabile e da sempre e da tutti disprezzato genere di libri profetici : i libri apocalittici, così angustamente giudaici, così evidentemente dettati dal bisogno di sostenere nella delusione un popolo di deboli calpestati promettendogli vicinissime, e sempre fallite, rivincite.
Un linguaggio misteriosamente e violentemente settario moltiplica visioni ridondanti e spesso bizzarre, numeri e simboli artificiosi e convenzionali che hanno l'apparenza di racchiudere in sé la chiave di tutto ma, stretti fra le mani, non offrono molto di più del disperato bisogno di salvezza che li ha suscitati.
Proprio perché tutto tende alla concretezza terrestre di una salvezza che é invece disperatamente lontana -morte vinta, lacrime asciugate, sazietà di beni (Apocalisse 7, 15-17; 21,4 )- quel che il veggente vede non può essere che una liturgia celeste, ebraica piuttosto che cristiana (Apocalisse, 21, 4-21).
La storia rischia di dissolversi in questo luminoso culto, di cui ciò che accade sulla terra non é che l'ombra, o il pallido riflesso". Sergio Quinzio, Un commento alla Bibbia, Adelphi, 1995, pp.792-793