"L'Apocalisse non era una forma letteraria ma una realtà viva. Jean Giono fu uno dei sette scrittori che contribuirono nel 1960 a un progetto straordinario: la creazione di un'eccezionale edizione dell'Apocalisse di San Giovanni. Il libro era di un formato speciale: pesava oltre 180 chili costava un milione di dollari e aveva una copertina ornata di pietre preziose disegnata da Salvador Dalì. Tra gli altri collaboratori figuravano Jean Cocteau, Ernst Junger". Op. Cit.
L’odierna celebrazione della Riconciliazione di Padre Felice Artuso
Il Concilio Vaticano II dichiara che «con il sacramento della penitenza i sacerdoti riconciliano i peccatori con Dio e con la Chiesa». (PO 5); «Quelli che si accostano al sacramento della penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a Lui;
Allo stesso tempo si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l’esempio e la preghiera» (LG 11). I vescovi odierni raccomandano la preparazione comunitaria della Confessione, perché i cristiani prendano una più precisa coscienza delle dannose conseguenze dei loro peccati e nella celebrazione penitenziale sperimentino l’azione misericordiosa di Dio (SC 27).
Se il penitente si prepara alla celebrazione della Riconciliazione con un minimo esame di coscienza, evita la superficiale formalità e si avvicina al confessore, manifestandogli il dispiacere d’aver peccato e il desideroso di emendarsi.
L’atto penitenziale, che va compiendo, produce quindi in lui gli effetti salutari della Pasqua di Gesù Cristo. In particolare elargisce la grazia, che rinnova nell’intimo, eleva a Dio, configura alla gloria del Signore, distoglie dalla superbia, dall’orgoglio, dall’egoismo, dalla presunzione di superiorità, dal desiderio di dominio sugli altri, distacca radicalmente dal passato, rimette nel cammino verso la patria eterna e infonde la carità, la pace e la gioia divina.
Il confessore, che per primo ha sperimentato l’efficacia della Riconciliazione e vive all’ombra della croce, accoglie il penitente in un luogo, adatto allo svolgimento della celebrazione sacramentale. Fungendo il ruolo del buon Pastore, che sacrifica la sua vita per il proprio gregge, assume verso il penitente un atteggiamento di attenzione, di rispetto, di pazienza e di misericordia.
Apre il dialogo con lui, tracciando un segno di croce e dicendo: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ascolta poi le sue disagevoli accuse e l’esposizione dei suoi pensieri come pure delle sue difficoltà.
Nel colloquio non lo rimprovera d’aver mancato e defezionato, ma con appropriate parole lo esorta ad abbandonare la tiepidezza, a lottare contro le seduzioni del mondo, della carne e del demonio, gli suggerire di convertirsi all’amore di Dio e lo illumina sulla bellezza della vocazione battesimale, che conduce al possesso della santità (1 Pt 5,8; Rm 7,11).
I penitenti si recano da qualsiasi presbitero disposto ad accoglierli, ascoltarli, capirli, consigliarli e perdonarli nel nome di Dio. Preferiscono solitamente confessarsi da un ministro anziano o malato, perché ha un’ampia esperienza della sofferenza, toglie l’imbarazzo dell’accusa, riesce a comprendere con più immediatezza le debolezze altrui e funge da vero medico dell’anima.
Si sa che per la celebrazione della Riconciliazione la gente accorreva numerosa da San Pio di Pietrelcina, perché percepiva in lui un’immagine viva di Gesù misericordioso, sofferente, consolatore e guaritore. segue
Padre Felice Artuso