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Le stimmate del Signore: segni d’umiliazione e di gloria 3 di Padre Felice Artuso
Gli artisti bizantini sono perlopiù ripetitivi. Raffigurano ordinariamente il Risorto con le stimmate gloriose e lo chiamano “ho Numthìos” (lo Sposo).
Gli occidentali sono più inventivi e più fantasiosi degli orientali.
Producono le loro opere artistiche sul Risorto, ispirandosi ai racconti evangelici come anche alle narrazioni dei mistici.
Rappresentano il Risorto che sale verso Dio con le impronte della crocifissione e nelle apparizioni le mostra ai suoi discepoli. Ad esempio il tedesco, Matthias Grünewald, dipinge il Signore che nel buio notturno ascende al cielo e dal corpo sfolgorante ostenta le ferite mortali.
Il Caravaggio ritrae Gesù che con la mano destra allarga la luminosa veste, mentre con la sinistra stringe l’avambraccio di Tommaso e la accompagna verso l’apertura del suo fianco. L’apostolo, meravigliato, aggrotta la fronte, conficca il suo indice all’interno della ferita, prende un contatto fisico con il corpo atletico di Gesù, mentre due discepoli osservano la meticolosa scena.
Nella cappella Sistina Michelangelo Buonarotti disegna Gesù, giudice universale, conferendogli una corporatura imponente e robusta. Evidenzia sul corpo i segni della sua passione, mentre con un’irresistibile potenza separa gli eletti dai dannati.
Ritornando ai Padri della Chiesa, occorre aggiungere che essi espongono le loro riflessioni sul senso delle stimmate del Signore. Nel commento al Vangelo di Giovanni, San Cirillo d’Alessandria scrive: «Considera come, scoprendo il fianco del corpo, e mostrando il posto dei chiodi, mostri chiaramente che è lo stesso tempio che era stato sulla Croce, e che era risuscitato il corpo che portava» .
Nell’esposizione al Vangelo di Luca Sant’Ambrogio di Milano asserisce che Gesù: «preferì portare su in Cielo le ferite sofferte per noi e non volle cancellare, per far vedere a Dio Padre quanto gli era costata la liberazione. In tale aspetto il Padre lo colloca alla sua destra, abbracciando i trofei della nostra salvezza, in tale aspetto la corona delle sue cicatrici ci ha mostrato lassù i martiri» .
In un discorso sul Vangelo di Giovanni 21,12 Sant’Agostino afferma che Gesù, asceso al cielo, conserva le ferite della crocifissione, perché coloro che lo trafissero le possano vedere e si rendano realmente conto del male commesso: i discepoli «come lo videro salire? Con la medesima carne che essi avevano toccato e parlato, in cui avevano perfino verificato, toccandole, le ferite… Verrà nella forma di uomo; la vedranno anche gli empi, la vedranno quelli che saranno alla sua destra e la vedranno anche i separati alla sua sinistra… Se vedranno colui che hanno trafitto, vuol dire che vedranno il corpo stesso che hanno trafitto con la lancia» . Segue
Padre Felice Artuso