Considerano i sacrifici dell’antica alleanza una prefigurazione
della Sua cruenta immolazione.
Ispirandosi all’immagine dell’uva vendemmiata, pigiata e
torchiata, asseriscono che Egli è stato schiacciato e
spremuto dal peso delle colpe umane.
Esortano sovente i cristiani a contemplare Gesù intriso di sangue,
fulgente nella sede del Padre celeste e veniente verso di noi per
rivestirci di gloria divina.
Ricorrono spesso all’immagine della pigiatura dei grappoli d’uva,
che nel Dialogo con Trifone 54,1 San Giustino applica per primo a
Gesù crocifisso e glorioso.
Infatti San Cipriano scrive: «Si parla della pigiatura, perché come
il vino non può vendersi per bere se non si pigia e non si pressa,
così noi non potremmo bere il sangue di
Cristo se non fosse stato pigiato e pressato» .
Cromazio di Aquileia, afferma: «Nella Passione della Croce
Cristo fu come spremuto dal legno del torchio, perché
versasse per noi il suo sacro sangue» .
San Gregorio Magno insegna che Gesù è entrato nel torchio della
Croce e ne ha provato un grande spasimo.
Una tradizione posteriore riferisce che in una celebrazione
eucaristica lo ha visto sotto una pressa e gli ha chiesto di
difendere la gente, minacciata dalle orde vandaliche .
Il teologo ortodosso Cabasilas scorgendo nel flusso del sangue il
segno della liberazione dei peccati e della guarigione dalle ferite
spirituali, scrive: «Dio è morto. È sangue di Dio quello che è stato
versato sulla Croce. Che cosa potrebbe essere più prezioso di
questa morte?» .
«Questo sangue, sgorgato dalle ferite, spense il sole e fece
tremare la terra, santificò l’aria e lavò tutto il Mondo dalla
sozzura del peccato» .
Collegandosi ad una interpretazione messianica dei rabbini
sull’espressione “lava nel vino la veste e nel sangue dell’uva il
manto” (Gn 49,11), i teologi medievali associano il sangue di
Gesù all’aromatico grappolo d’uva delle vigne di Engaddi (Ct
1,14) o al fragrante mosto che sprizza dalla vinaccia, pressata nel
torchio.
Pertanto San Bonaventura da Bagnoregio asserisce che Gesù non
«volle minimamente alleggerirsi il torchio della Passione, Lui che
suole o togliere o diminuire ai suoi fedeli la violenza del dolore» .
E «nel rosso della Passione si manifesta l’ardore dell’immensa e
incomparabile carità» .
Nell’inno “Adoro te devote” San Tommaso d’Aquino dà a Gesù
l’appellativo di pio pellicano, perché mediante il sacramento
eucaristico egli dona ai cristiani il suo sangue, nutrimento e pegno
d’immortalità.
Nel secolo XVII il Grechetto su una pala da altare dipinge san
Bernardo che sta bevendo il sangue che esce dal costato di Gesù".
Padre Felice Artuso