sabato 9 luglio 2011

1197 di 2013 ; il Secondo Avvento

Stefano Armellin con il pezzo 1197 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo : Il Secondo Avvento 

La Chiesa riconosce che il peccato crocifigge Gesù, di Padre Felice Artuso


I concili ecumenici antichi approvano la confessione di Fede che «Gesù Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture e fu sepolto».
I primi teologi della Chiesa ricordano spesso che Gesù ha sofferto e continua a soffrire nel prossimo a causa di tutti i peccatori. 

Esortano i cristiani, sempre bisognosi di giustificazione, a riconoscersi corresponsabili della morte di Gesù e di affidarsi alla sua continua intercessione presso il Padre. 

Raccomandano a loro di recitare i salmi penitenziali, perché essi sono stati composti, per suscitare in ogni peccatore il rincrescimento sul male compiuto con lucidità e per indurlo ad un mutamento di vita. 

Origene, infatti, afferma: «Il mio Salvatore piange anche ora per i miei peccati. Il mio Salvatore non può rallegrarsi fino a che io rimango nell'empietà. Perché non può? Perché egli stesso è avvocato per i nostri peccati presso il Padre, come spiega Giovanni, iniziato ai suoi medesimi misteri» . 

San Gregorio Nazianzeno asserisce in un discorso al popolo: «Egli fu annoverato tra i malfattori per te e per il tuo peccato, e tu diventerai giusto per Lui. Adora colui che è stato crocifisso per te» . 

Coscienti di aver peccato e di aver offeso Dio, gli ortodossi ne provano disgusto ed elevano a Gesù questa singolare e personale invocazione: «Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore o peccatrice».
I concili medievali e i teologi coevi si occupano prevalentemente dei problemi disciplinari e giuridici della Chiesa. Senza aderire a fantastici antropomorfismi, spiegano che tutti i peccatori sono colpevoli di aver offeso Dio. 

Il prefazio della domenica delle Palme ricorda che Gesù «accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi a un'ingiusta condanna, porta il peso dei nostri peccati» . 

L'inno della veglia pasquale assicura che egli è morto e risorto per ridonare l’innocenza ai figli di Adamo e per renderli felici. Infatti egli sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l'innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti» .

I drammatici improperi d’origine bizantina presentano il Signore che rimprovera ad ogni cristiano di averlo maltrattato e di aver rifiuto la sua grazia. Gli chiede quindi di aborrire le durezze, di ravvedersi, di opporsi al peccato, di convertirsi alla sua bontà e di essergli riconoscente: «Tu mi hai consegnato ai capi dei sacerdoti; tu mi hai condotto al pretorio di Pilato, tu mi hai colpito con schiaffi e flagelli; tu mi hai dissetato con fiele ed aceto, tu hai colpito il mio capo con la canna; tu hai posto sul mio capo una corona di spine; tu hai preparato la Croce al tuo Salvatore, tu mi hai sospeso al patibolo, tu mi hai aperto con una lancia il costato. In che cosa ti ho provocato? Dammi una risposta» .
I primi riformatori protestanti cantavano al Signore quest’antico di Paul Gerhardt in cui riconoscevano di essere corresponsabili della Passione di Gesù: «Chi ti ha percosso, chi ti ha ridotto in questo stato! Sono stato io, io con i miei peccati… ad averti prostrato in tanta miseria» . 

Nelle stazioni della Via Crucis i cattolici recitavano invece quest’altro inno, che suona di intenso rimprovero: «Cuor crudele, quando peccasti, allor gridasti muoia Gesù. Mira ch'ei langue, e tutto morrò, ti dice, non peccar più» . 

Padre Felice Artuso


Sant’Antonio abate (250-356), di Padre Felice Artuso
Antonio, primo santo non martire, nasce a Coma, piccola città egiziana. 

Riceve dai suoi ricchi genitori una discreta formazione e, morti in età giovanile, eredita i loro possedimenti. 
Non ottenendo una piena soddisfazione dalle cose temporali, anela dedicarsi a una vita sobria e ascetica. 
Durante una celebrazione eucaristica è letto il brano evangelico in cui Gesù propone a un giovane ricco, se vuole tendere a una maggiore giustizia, di vendere tutti suoi beni, di distribuirne il ricavato ai poveri e di seguirlo (Mc 10,17-22). Antonio applica a sé il consiglio di Gesù. 
Vende tutta l’eredità immobile e consegna alla sorella minore la metà dei soldi ricevuti e dona l’altra ai poveri. 
Fiducioso nella Provvidenza divina (Mt 6,34), abbandona le attrattive del suo villaggio, si ritira in un luogo solitario e si lascia guidare da un anziano asceta. 
Disturbato alquanto dalla gente, si nasconde nei sepolcri vuoti, suscitando un grande stupore nei suoi concittadini. 
Cerca il completo isolamento, per memorizzare la Sacra Scrittura, per pregare con la recita dei salmi e per offrire un contributo positivo al Mondo, ormai avviato verso un radicale cambiamento. 

Nel giorno di sabato o di domenica interrompe la rigorosa solitudine, entra nel villaggio e si associa agli altri cristiani, che partecipano alla comune liturgia eucaristica. 
Imponendosi una moderata penitenza, lotta contro le tentazioni demoniache, rifiuta le illusioni umane, incrementa la sua relazione con Dio e attua l’insegnamento di Gesù. 

S’inoltra poi nel deserto e si segrega a Pispir presso un castello diroccato, divenuto il rifugio dei nomadi, dei briganti e degli aspidi. Qui si procura il nutrimento ordinario, coltivando gli ortaggi e il frumento. 
Intreccia anche delle ceste e le vende al mercato, per acquistarsi l’indispensabile a una vita salutare. Si concede il riposo notturno, distendendosi su una stuoia o sulla terra nuda. 
Trascorre circa vent’anni nell’isolamento, nella preghiera, nel lavoro e nella lotta contro le tentazioni. Segue

Padre Felice Artuso