I primi riformatori protestanti cantavano al Signore quest’antico di Paul Gerhardt in cui riconoscevano di essere corresponsabili della Passione di Gesù: «Chi ti ha percosso, chi ti ha ridotto in questo stato! Sono stato io, io con i miei peccati… ad averti prostrato in tanta miseria» .
Nelle stazioni della Via Crucis i cattolici recitavano invece quest’altro inno, che suona di intenso rimprovero: «Cuor crudele, quando peccasti, allor gridasti muoia Gesù. Mira ch'ei langue, e tutto morrò, ti dice, non peccar più» .
Padre Felice Artuso
Sant’Antonio abate (250-356), di Padre Felice Artuso
Antonio, primo santo non martire, nasce a Coma, piccola città egiziana.
Riceve dai suoi ricchi genitori una discreta formazione e, morti in età giovanile, eredita i loro possedimenti.
Non ottenendo una piena soddisfazione dalle cose temporali, anela dedicarsi a una vita sobria e ascetica.
Durante una celebrazione eucaristica è letto il brano evangelico in cui Gesù propone a un giovane ricco, se vuole tendere a una maggiore giustizia, di vendere tutti suoi beni, di distribuirne il ricavato ai poveri e di seguirlo (Mc 10,17-22). Antonio applica a sé il consiglio di Gesù.
Vende tutta l’eredità immobile e consegna alla sorella minore la metà dei soldi ricevuti e dona l’altra ai poveri.
Fiducioso nella Provvidenza divina (Mt 6,34), abbandona le attrattive del suo villaggio, si ritira in un luogo solitario e si lascia guidare da un anziano asceta.
Disturbato alquanto dalla gente, si nasconde nei sepolcri vuoti, suscitando un grande stupore nei suoi concittadini.
Cerca il completo isolamento, per memorizzare la Sacra Scrittura, per pregare con la recita dei salmi e per offrire un contributo positivo al Mondo, ormai avviato verso un radicale cambiamento.
Nel giorno di sabato o di domenica interrompe la rigorosa solitudine, entra nel villaggio e si associa agli altri cristiani, che partecipano alla comune liturgia eucaristica.
Imponendosi una moderata penitenza, lotta contro le tentazioni demoniache, rifiuta le illusioni umane, incrementa la sua relazione con Dio e attua l’insegnamento di Gesù.
S’inoltra poi nel deserto e si segrega a Pispir presso un castello diroccato, divenuto il rifugio dei nomadi, dei briganti e degli aspidi. Qui si procura il nutrimento ordinario, coltivando gli ortaggi e il frumento.
Intreccia anche delle ceste e le vende al mercato, per acquistarsi l’indispensabile a una vita salutare. Si concede il riposo notturno, distendendosi su una stuoia o sulla terra nuda.
Trascorre circa vent’anni nell’isolamento, nella preghiera, nel lavoro e nella lotta contro le tentazioni. Segue
Padre Felice Artuso