Stefano Armellin con il pezzo 1276 di 2013
del Poema visivo del XXI secolo : IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013
Titolo : Santa Teresa di Lisieux
"GIOVANNI...
Se Gesù non chiede al Padre di togliere i discepoli dal Mondo ( Giovanni 17, 15), promette però di ritornare presto a prenderli (Giovanni 14, 3).
Ma la fine del tempo di privazione che sta per cominciare con la crocifissione del Messia é ambiguamente sospesa, nel suo discorso di addio, tra le apparizioni del risorto, la venuta di - un altro Paraclito - e il ritorno del Messia alla fine dei tempi.
Quando l'evangelista scrive, la Chiesa aveva conosciuto, in qualche modo, tutte queste cose :
la gioia pasquale,
la discesa sui discepoli dello Spirito Santo,
la catastrofe apocalittica del 70.
Ma aveva conosciuto anche la loro disperata insufficienza:
le apparizioni finiscono,
l'effusione dello Spirito non impedisce le più tragiche lacerazioni nella Chiesa (1 Gv 2, 18-19; 4, 1-3), alla distruzione di Gerusalemme non segue il ritorno del Messia (Mt 24, 29-30).
E allora tutte queste possibilità sono date e insieme tolte, ciascuna si sovrappone e si confonde con l'altra, a nessuna domanda é data risposta (soprattutto, non alla grande domanda di Giuda Taddeo : - Signore, che cosa é accaduto, perché tu debba manifestarti a noi, e non al Mondo ?-, Giovanni 14, 22)
di nulla é mostrata la ragione, tutto si dissolve nel mistero dell'eterna vita divina dove il dolore é inseparabile dalla consolazione, il passato dal futuro, la morte dalla gloria.
Così le stesse Scritture aprono la via all'elusione mistica dei secoli successivi, e non c'è cosa più mostruosa di questa.
Non é, attraverso l'evangelista, la comunità dei credenti che opera tale elusione, ma Dio attraverso la sua Rivelazione : orribile é questo.
La Chiesa non fa che sperimentare, nella sua vicenda, la vicenda del Messia, la sua incertezza, la sua angoscia, il suo disperato bisogno di credere - posto di fronte al fallimento e alla morte - nella vittoria e nella vita".
Sergio Quinzio, Un commento alla Bibbia, pp. 570/571
San Girolamo (347-420) b
di Padre Felice Artuso
Girolamo desidera conoscere le fiorenti comunità monastiche orientali.
Per formarsene un’idea, visita le comunità della Palestina e dell’Egitto.
Dopo in un giro d’ispezione, si stabilisce in una grotta di Betlemme, adiacente a quella in cui nacque Gesù.
Qui si dedica alla preghiera, alla meditazione, allo studio e al commento dei testi biblici.
Scrive alcuni libri, in cui difende l’insegnamento cattolico e disapprova le credenze, infarcite di errori filosofici e teologici.
Fonda anche un monastero maschile e tre femminili. Inculca sia ai monaci sia alle monache l’esigenza di crescere nell’impegno spirituale, per conformarsi a Gesù, sofferente e glorioso.
Non compone nessuna regola monastica.
Insiste tuttavia sul valore della separazione dal mondo, sulla necessità del celibato, sulla preghiera oraria, sullo studio della sacra Scrittura, sulla pratica delle virtù teologiche e sull’accoglienza dei pellegrini in crescente aumento e provenienti da tante località.
Prende le norme dei ritmi comunitari dagli Atti degli Apostoli e dalla Regola sia di San Pacomio sia di San Basilio.
Invitando il monaco Eliodoro a ritornare nel monastero, scrive con il suo abituale ardore: «Qualora anche tuo padre si gettasse attraverso alla soglia, tu passa pure sul corpo stesso del padre tuo e vola senz’altro a occhi asciutti verso lo stendardo della Croce.
In questo l’unica pietà possibile è d’essere crudeli!
Verrà, oh, sì, verrà poi il giorno, nel quale te ne ritornerai vittorioso in patria, e da uomo valoroso, sarai coronato nella Gerusalemme celeste. …
Attento, a non ti fidare e a non vivere nella spensieratezza…
Tieni pronte le funi, alza le vele, alza l’antenna della Croce, ché cotesta bonaccia è una vera tempesta!…
Il perfetto servo di Cristo non può possedere cosa alcuna, all’infuori di Cristo…
Chi dice di credere in Cristo, deve senz’altro battere la strada battuta da Lui» . Segue
Padre Felice Artuso
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