Fin dal basso Medioevo la Chiesa occidentale elabora diversi rituali della professione religiosa, che non si prestano ad una sintetica esposizione. Possiamo osservare che ogni rituale accentua la conformazione a Gesù Cristo sofferente, crocifisso, morto, sepolto e glorioso, mentre reca poca rilevanza alla missione creativa, dinamica e apostolica dei religiosi.
Compiuto un sufficiente periodo di preparazione, i neoprofessi entrano nel luogo di culto, parato a festa secondo la ricorrenza liturgica, si stendono sul pavimento, allargano le braccia a forma di Croce, consegnano se stessi a Dio e l’assemblea liturgica canta le litanie dei santi. In alcuni Istituti qualcuno li copre con un drappo funebre, attorniato dalle candele ardenti, mentre un presbitero legge un tratto della passione di Gesù e le campane suonano a morto.
Dopo di che i neoprofessi si alzano, si avvicinano al loro Superiore, s’inginocchiano dinnanzi a lui ed emettono i voti. Tra l’altro promettono la stabilità nel monastero, l’ubbidienza attiva all’autorità e la disponibilità ai servizi richiesti. Ripetendo una formula prefissata, si consacrano a Dio Padre, si uniscono a Gesù Cristo e intrecciano un forte vincolo con lo Spirito Santo. Si consegnano inoltre ai fratelli, che li accolgono con gioia nella loro famiglia religiosa. Segue
Padre Felice Artuso