sabato 3 luglio 2010

825 di 2013 ; Giuseppe Ungaretti

Stefano Armellin con il pezzo 825 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo : Giuseppe Ungaretti :"L'informale, il dato capitale è che la materia nella sua nuova accezione di erosione tecnologica della coscienza, di espulsione della cultura umanistica da ogni ruolo d'interazione coi rapporti di produzione, ha reso precaria la funzione della memoria.

Di conseguenza arretra anche l'utopia dell'innocenza. Il linguaggio è sacro, se è legato al mistero della nostra origine, e dell'origine del Mondo, se sentiamo che in noi costituisce la nostra responsabilità...

Se ci accorgiamo del bene o del male, incalcolabili, che derivano dalla parola...
La lotta nel poeta è del linguaggio contro il nulla. Petrarca, trasforma per primo la parola dantesca, la parola cristiana (poichè noi cominciamo con Cristo: è un pensiero fondamentale di Ungaretti) da parola di odio in parola della storia...

il poeta ha sempre da risolvere una crisi di linguaggio; esempi, aggettivo posto dopo il sostantivo : accordi-infiniti; diramarsi-atroce; allenati-invasati; minaccia-fremente; notte-abbagliante; origini-indecifrabili; incendio-aurorale; luce-illusoria; occhi-chirurgici; giustezza-ineffabile; 

Luce...

Spaventosa memoria implacabile grido senza pace segreto inviolabile impeto...

Deflagrante disciplina titanica voce lacerata estate infuria macina calcinante urlo afono trasparenze abissali grido carnale parvenza disparità frattura abissale". Giuseppe Ungaretti

Il martirio è un gesto di fortezza di Padre Felice Artuso
Il martirio cristiano non è un evento inatteso, ma la conclusione di una fedeltà assoluta a Dio, di una gioiosa speranza, di una costante ascesi spirituale e di una progressiva conformazione ai sentimenti di Gesù. 

Il cristiano, che ha iniziato a credere nel Vangelo, dedica parecchio tempo all’ascolto della Parola di Dio, alla salmodia, alla preghiera comunitaria e personale. Si nutre del sacramento eucaristico, che lo fortifica nella fede, nella speranza e nella carità. 

Vive con semplicità, umiltà e ilarità i contenuti evangelici e li trasmette agli altri con intenso fervore. Incrementa gradualmente il desiderio di sacrificare la sua vita, per uniformarsi totalmente a Gesù, passare alla vita di Dio e congiungersi ai fratelli defunti. 

Applica a sé le parole dell’apostolo Paolo: «Per me il vivere è Cristo ed il morire un guadagno» (Fil 1,21), un inestimabile vantaggio. 

Prova ovviamente il trauma dell’arresto, della detenzione e delle torture. Negli interrogatori privati o pubblici rimane tuttavia inamovibile nelle sue convinzioni. Non cede ai ricatti come quei  cristiani, che abbandonano la fede per ottenere l’istantaneo rilascio. 

Dichiara la sua fede e ne precisa la consistenza. 

Secondo il grado della propria formazione, proferisce anche qualche battuta umoristica. Beffeggia inoltre i funzionari giudiziari, che si reputano forti, mentre dipendono dall’inarrestabile mutevolezza del potere statale. 

Denuncia la coercizione, la violazione dei diritti personali, la confisca dei beni, gli insulti, le umiliazioni e le sofferenze che gli procurano. Evita i piagnistei, le commiserazioni e le ingiurie. Prega piuttosto per ottenere il ravvedimento dei persecutori. Si avvia al luogo del supplizio, ringraziando il Signore, per averlo chiamato a dargli testimonianza e a glorificarlo con la morte cruenta. Confida nella sua misericordia e nella sua assistenza. Aspetta che egli venga a prenderlo e a introdurlo nella gloria celeste. Affronta la competizione agonistica con un coraggio superiore a qualsiasi altro lottatore.
 
Sant’Ignazio, vescovo d’Antiochia, prega persino i cristiani di Roma di non impedirgli d’essere macinato dalle belve perché, triturato da loro, diventerà un vero discepolo di Gesù e un uomo perfetto: «E’ bello per me morire in Gesù Cristo più che regnare sino ai confini della terra. Cerco quello che è morto per noi. Il mio rinascere è vicino. Perdonatemi fratelli. Non impedite che io viva, ma vogliate che io muoia... Lasciate che io riceva la luce pura; là giunto sarò uomo. Lasciate che io sia un imitatore della Passione del mio Dio. Se qualcuno l’ha in sé comprenda quanto desidero» . Segue

Padre Felice Artuso